Il contratto a chiamata permette flessibilità sia al lavoratore che al datore di lavoro e presenta delle particolarità anche sulla busta paga
Lo si sente nominare spesso: il contratto di lavoro a chiamata è una tipologia di contratto molto diffusa in quegli ambiti dove c’è bisogno di flessibilità, vuoi per gli orari discontinui, vuoi per la stagionalità. Infatti, è molto utilizzato in settori come la ristorazione, l’alberghiero e lo spettacolo.
In questo articolo vedremo nel dettaglio come funziona la retribuzione di chi ha questo tipo di contratto e come vengono maturate le diverse voci della busta paga, come il TFR, le ferie e le mensilità aggiuntive.
Il lavoro a chiamata, o intermittente, è un particolare contratto di lavoro subordinato attraverso il quale un lavoratore si mette a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione secondo le proprie esigenze, quando ne ha necessità.
Nell’effettuare la chiamata, il datore di lavoro deve rispettare un termine minimo di preavviso (di solito non inferiore a un giorno lavorativo) che è stabilito dai contratti collettivi.
Il lavoratore intermittente, quindi, alterna periodi di lavoro a periodi in cui non lavora. Questo perché il datore di lavoro può chiamarlo o meno a seconda delle proprie necessità aziendali.
Il contratto di lavoro intermittente può essere sia a tempo determinato che a tempo indeterminato. Inoltre, può essere di due tipologie:
I datori di lavoro possono utilizzare questo tipo di contratto solo in questi casi:
Inoltre, questo contratto può essere utilizzato nel limite massimo di 400 giornate lavorative nell’arco di tre anni solari. In caso di superamento di questo periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto a tempo pieno e indeterminato. Questo limite non va applicato per i lavoratori del commercio, del turismo e dello spettacolo.
Per i periodi lavorati, questa categoria di lavoratori non deve ricevere un trattamento economico complessivamente sfavorevole rispetto al lavoratore full time o part time di pari livello, a parità di mansioni svolte e in proporzione alla prestazione lavorativa effettivamente eseguita.
Pertanto il lavoratore a chiamata prende esattamente la quota oraria prevista dal ccnl di riferimento, con la differenza che la somma viene erogata solamente per le ore prestate. Spettano inoltre sia le maggiorazioni per i festivi che per il lavoro domenicale, se previste dal contratto collettivo.
Nei periodi di attesa tra una chiamata e l’altra, il lavoratore non matura nulla, tranne nel caso in cui sia dovuta l’indennità di disponibilità.
Tasse e contributi sono dovuti allo stesso modo dei lavoratori full time o part time. Tuttavia è bene specificare che, se questo impiego è un secondo lavoro, le tasse si sommano al lavoro principale.
In questo caso è consigliabile consegnare al datore di lavoro principale il modello delle detrazioniSono una somma da sottrarre alle imposte che dovrebbero essere pagate annualmente. Vengono riconosciute in base a determinati requisiti di reddito e personali. More d’imposta, con l’indicazione del reddito del lavoro a chiamata. In questo modo le tasse vengono calcolate correttamente, e si evitano spiacevoli recuperi quando verrà compilato il 730/4.
Con questo contratto, il lavoratore ha diritto a maturare, come un dipendente full time o part time:
Quindi per fare un esempio, se un dipendente in un mese ha lavorato con un contratto a chiamata per 15 ore, le ferie, i permessi, la tredicesima matureranno solamente per quelle 15 ore e in proporzione in base alle ore di lavoro svolte.
Al termine del contratto, proprio come succede per chi lavora full time o part time, si ha diritto a ricevere quanto maturato. Tuttavia, in questi casi capita spesso che i vari ratei vengano liquidati mensilmente in busta paga.
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