Anche in un rapporto di agenzia si può stipulare un patto di non concorrenza. L’agente è così vincolato a non svolgere attività in concorrenza con il soggetto con cui ha stipulato il contratto di agenzia, dopo la cessazione di quest'ultimo
Il contratto di agenzia è il contratto con cui un soggetto (l’“agente”) assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto di un altro soggetto (il “preponente”), la conclusione di contratti in una zona determinata, in cambio di un compenso.
Molto spesso, il contratto di agenzia disciplina il divieto di concorrenza posto a carico dell’agente sia nel corso del rapporto (diritto di esclusiva), che per il periodo successivo alla cessazione del contratto (patto di non concorrenza “post contrattuale”). In questo articolo ci occupiamo del patto di non concorrenza post contrattuale.
Perché il patto di non concorrenza post contrattuale sia valido, è sufficiente che risulti da atto scritto – ossia da una clausola del contratto di agenzia oppure da un separato accordo (art. 1751-bis del codice civile; A.E.C. settore industriale e A.E.C. settore commercio).
Non è invece strettamente indispensabile, anche se preferibile, specificare anche la zona in cui il patto è efficace, il contenuto del divieto (inteso come attività vietata), la durata del divieto e l’indennità da corrispondere all’agente. Infatti, la zona e il contenuto del divieto, se non precisati, sono determinabili rifacendosi al contenuto del contratto.
La durata del divieto, se non diversamente stabilito dalle parti, sarà quella massima stabilita dalla legge (2 anni). Mentre l’indennità si determina in base ai criteri indicati dalla contrattazione collettiva. Oppure in mancanza di quest’ultima, dal giudice secondo equità, anche con riferimento ai compensi percepiti dall’agente durante il contratto, alle cause di cessazione del rapporto, all’ampiezza della zona assegnata all’agente e all’esistenza o meno del vincolo di esclusiva per un solo preponente.
L’aspetto dell’indennità (l’importo da riconoscere all’agente come corrispettivo per l’assunzione dell’obbligo di non concorrenza) è importante, perché differenzia il patto di non concorrenza per gli agenti di commercio da quello previsto per i lavoratori dipendenti (art. 2125 del codice civile).
Nel caso del patto di non concorrenza per gli agenti, per verificare l’adeguatezza dell’indennità da riconoscere all’agente, sarà sufficiente attenersi ai criteri e alle modalità del calcolo determinati dalla contrattazione collettivaÈ l’accordo stipulato a livello nazionale tra i sindacati di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro per regolare determinati aspetti dei contratti individuali di lavoro di un certo settore (es. orario di lavoro, retribuzione minima, ferie, congedi, ecc.). More. Invece, per il patto per i lavoratori dipendenti, la determinazione del corrispettivo economico da pagare è lasciata alla scelta delle parti e, in caso il corrispettivo non sia congruo, il patto è nullo.
L’indennità deve essere corrisposta all’agente in occasione della cessazione del rapporto. Si ritiene che il preponente non possa invocare la violazione, ovvero l’adempimento del patto di non concorrenza, senza aver prima corrisposto, almeno in parte, l’indennità all’agente.
Cosa succede nel caso in cui, ricevuta l’indennità, l’agente violi comunque il patto di non concorrenza?
L’agente potrà essere tenuto:
Inoltre, il comportamento dell’agente potrebbe configurare violazione dell’art. 2598 del codice civile, che disciplina la concorrenza sleale, con particolare riferimento alla inosservanza di comportamenti conformi ai principi della correttezza professionale e idonei a danneggiare, consapevolmente, l’altrui azienda (quali, per esempio, storno di collaboratori, sottrazione liste clienti, denigrazione dei prodotti e dell’attività del concorrente). In questo caso, l’agente potrà essere tenuto anche al risarcimento dei danni per la violazione dell’art. 2598 codice civile.