Nel caso in cui un’impresa venga ceduta a un'altra o in seguito a fusione d’azienda, cosa accade al rapporto di lavoro dei dipendenti?
La cessione d’azienda, o trasferimento d’azienda, è l’operazione che avviene in caso di cessione contrattuale o fusione, che muti la titolarità dell’attività di impresa.
Tra i trasferimenti di azienda si annoverano anche l’usufrutto, l’affitto d’azienda e la retrocessione dell’azienda da soggetto affittuario a soggetto affittante, al termine dell’affitto. Talvolta l’azienda può essere ceduta anche solo in parte, e in questo caso si parla di trasferimento di ramo d’azienda
Nulla. Ciò che cambia in caso di cessione d’azienda è la titolarità del rapporto che, fermo restando il lavoratore dipendente, cambia il datore di lavoro.
La legge protegge la continuità dei rapporti di lavoro, quindi, un lavoratore dipendente non può essere licenziato, salvo ricorrano diverse ragioni rispetto al trasferimento d’azienda stesso.
No. Tra chi acquista e chi vende l’azienda, per effetto del trasferimento, si viene ad instaurare una responsabilità solidale per tutti i crediti (cioè quelle somme dovute dal debitore al beneficiario) che il lavoratore dipendente aveva maturato al tempo del trasferimento. Chi acquista risponde anche dei debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, purché questi risultino dai libri contabili aziendali. Quindi il lavoratore, salvo non acconsenta a liberare il cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro tramite accordo in sede di conciliazione, potrà chiedere l’adempimento dei crediti sia al cedente che al cessionario.
No. A garanzia della continuità dei rapporti di lavoro, fermo il divieto di licenziamento, il nuovo datore di lavoro non può nemmeno cambiare le condizioni di lavoro del lavoratore. In questi casi, qualora vi fossero delle sostanziali modifiche al rapporto di lavoro, il lavoratore dipendente potrà dimettersi entro tre mesi dal trasferimento per giusta causa ottenendo così l’indennità sostitutiva del preavviso di licenziamento.
Come anticipato, il trasferimento d’azienda non costituisce un giustificato motivo di licenziamento e qualora nei tre mesi successivi alla cessione si realizzasse questo sarebbe nullo.
Qualora venisse accertato che il licenziamento sia avvenuto per motivi collegati al trasferimento dell’azienda, il lavoratore può impugnarlo e far valere il suo diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro. Tuttavia, se il lavoratore dipendente sottoscrive con l’impresa cedente un accordo in cui rinuncia a ogni pretesa collegata al precedente rapporto non potrà poi far valere alcun vizio collegato al trasferimento.