L’Agenzia delle Entrate ha risposto a una società che voleva rimborsare i costi di ricarica
Il rimborso per la ricarica di auto elettriche è reddito da lavoro dipendente e, come tale, è soggetto a tassazione e contribuzione: così ha stabilito l’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello numero 421 del _-2023. Si tratta di una delle prime risposte ufficiali dell’Agenzia su un tema che interessa sempre più spesso le società impegnate in nuove proposte di maggiore sostenibilità ambientale. Una brutta notizia, dunque, per un’azienda che aveva intenzione di arricchire la propria flotta con auto elettriche e di rimborsare i costi delle ricariche presso le abitazioni dei propri dipendenti come forma di welfare.
L’idea dell’azienda era di sostituire parte della propria flotta aziendale con nuove auto ibride o elettriche. Dato che le vetture non sarebbero state solo a uso lavorativo, i dipendenti avrebbero dovuto ricaricarle presso le loro abitazioni e la società intendeva farsi carico dei costi di ricarica delle batterie. In che modo? Semplice: installando una colonnina e un contatore dedicato. I dipendenti avrebbero avuto a disposizione due tessere, in modo da poter distinguere i chilometraggi percorsi (e i relativi costi di ricarica) per uso aziendale da quelli per uso personale.
Secondo l’azienda, il rimborso dei costi di ricarica rientrerebbe così nel rimborso di spese sostenute dal lavoratore nell’interesse del datore e, come tali, non sarebbero soggette a tassazione. L’uso promiscuo è la modalità più diffusa di utilizzo dell’auto aziendale: ai lavoratori viene assegnato un mezzo di proprietà aziendale che possono guidare durante l’attività lavorativa ma anche per esigenze personali e fuori dall’orario di lavoro.
Come ricordato anche nella risposta dell’Agenzia delle Entrate, nella nostra legge vige il principio di onnicomprensività. È un principio molto semplice e può essere riassunto in questo modo: tutte le somme che l’azienda eroga ai propri dipendenti sono soggette a tassazione, salve le specifiche deroghe indicate dalla legge. Si tratta della norma più importante per la tassazione dei redditi da lavoro subordinato, la si trova nell’articolo 51 del Tuir.
Una delle eccezioni al principio di onnicomprensività riguarda proprio l’utilizzo dell’auto aziendale in uso promiscuo. La legge ha stabilito, infatti, un valore convenzionale e ne tassa una parte in base alla capacità di inquinamento dell’automobile. Il valore convenzionale è fissato in 15.000 km, convertiti in un dato economico grazie alle tabelle ACI. Attenzione: si tratta di un numero che non tiene conto dei costi effettivamente sostenuti o dei chilometri percorsi.
Come dicevamo, la percentuale tassata varia a seconda di quanto inquina l’automezzo:
In buona sostanza, più l’auto è ecologica, minore sarà l’importo sottoposto a tassazione.
Dopo aver ricordato i tratti principali della legge, l’Agenzia non ha condiviso la soluzione proposta dalla società. Secondo l’Erario, “per quanto riguarda il consumo di energia, si evidenzia che lo stesso non rientra tra i beni e servizi forniti dal datore di lavoro (i cosiddetti “fringe benefit”), ma costituisce un rimborso di spese sostenuto dal lavoratore.
Al riguardo si evidenzia che, in generale, le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore a titolo di rimborso spese costituiscono, per quest’ultimo, reddito di lavoro dipendente, a eccezione delle spese rimborsate nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, anticipate dal dipendente per snellezza operativa, quali ad esempio l’acquisto di beni strumentali di piccolo valore, come carta della fotocopia o della stampante, le pile della calcolatrice, e fatte salve specifiche deroghe previste dal medesimo articolo 51, comma 5, del Tuir per il rimborso analitico delle spese per trasferte.
Pertanto, si ritiene che anche i rimborsi erogati dal datore di lavoro al proprio dipendente per le spese di energia elettrica finalizzata alla ricarica degli autoveicoli assegnati in uso promiscuo costituiscono reddito di lavoratore dipendente da assoggettare a tassazione”.
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