La società toscana, nata come spin off accademico, propone prodotti e servizi game based per aziende. Ne parliamo con la managing partner Elena Gaiffi
Giocare ci aiuta ad abbassare le maschere, ad abbattere le barriere. Favorisce la spontaneità e permette di far emergere, senza trucchi, quelle soft skills che altrimenti sarebbe molto difficile testare. Nell’ambito della selezione del personale, tutto questo ha un valore inestimabile, ma è utilissimo anche per finalità formative.
Intorno a questa certezza nasce Laborplay, una società specializzata nell’uso della gamification. Laborplay, infatti, utilizza meccaniche e dinamiche di gioco per valutare le competenze dei propri talenti e potenziarle, ma anche per organizzare meeting e team building.
Ne parliamo con Elena Gaiffi, psicologa del lavoro e managing partner di Laborplay, che vede al suo interno numerosi ricercatori. Ha svolto attività commerciale in molti settori, prima di maturare esperienza nella divisione HR di una nota compagnia assicurativa. Si occupa, da oltre 20 anni, di diagnosi e progettazione formativa in ambito aziendale.
Laborplay, che inizialmente vede la luce come spin off dell’università di Firenze, nasce con l’obiettivo di portare il gioco in azienda, per rendere più attrattivi, ci spiega Elena, processi come valutazione dei candidati, onboarding, teambuilding”.
“Usiamo principalmente strumenti nuovi, ma non per questo meno solidi dei metodi tradizionali. Infatti, quello che ci differenzia dai potenziali competitor, e che rappresenta anche il cuore di Laborplay, è il legame solidissimo con la ricerca scientifica, alla base di tutto il nostro lavoro: tutti i prodotti e servizi, tutti i metodi e le soluzioni che proponiamo nascono, infatti, da un meticoloso lavoro di ricerca”.
Continua Elena: “gli strumenti game based in un contesto di valutazione delle risorse hanno il pregio di rendere il percorso non solo più coinvolgente, ma anche il più oggettivo possibile”.
L’attività principale di Laborplay ruota attorno al tema delle soft skills, chiamate anche competenze trasversali o human skills. “Giocare” spiega ancora la managing partner della società, “permette alle persone di entrare in una condizione di comfort, di sperimentare quella forma di profondo coinvolgimento detta flow e di abbassare le maschere per far emergere la parte più genuina e autentica”.
“Nel periodo covid, il gioco ha dovuto dismettere i panni dell’analogico e diventare digitale, ma non ha mai smesso di essere uno strumento d’elezione per superare barriere di ogni genere, anche culturali e linguistiche. Quando giochiamo siamo tutti sullo stesso piano: mettiamo da parte il curriculum, il voto di laurea e condividiamo le stesse regole e gli stessi obiettivi”.
Tra le tante esperienze di successo di Laborplay, Elena Gaiffi ne ricorda in particolare due: Save Cern e Play4Impact.
“In Save Cern” dice “occorre ricostruire un oggetto usando mattoncini lego. Si gioca in gruppo e ciascun componente possiede una parte delle istruzioni per la costruzione dell’oggetto. Solo condividendole si può raggiungere l’obiettivo.
Alcune informazioni sono molto chiare, altre invece devono essere dedotte. Il gioco richiede, perciò, competenze cognitive, come l’analisi e il problem solving, e ci permette non solo di valutarle, ma anche di allenarle“.
Play4Impact, invece, è una web app. “È rivolta sia a candidati sia a risorse già in organico, che, entrando nell’app, vengono catapultati all’interno di una narrazione: si troveranno a dover popolare un nuovo pianeta oppure saranno immersi in un scenario fantasy e potranno personalizzare il proprio avatar”.
“Se la web-app viene introdotta a supporto del processo di selezione, i candidati affronteranno una serie di prove lungo le tappe dell’avventura; se la piattaforma vuole accompagnare le risorse nell’on-boarding e nella formazione continua, ogni step della narrazione consisterà in un contenuto con cui interagire.”
Abbiamo verificato” conclude Gaiffi “che con web app come questa è possibile promuovere approcci virtuosi alla formazione e il coinvolgimento pressochè totale della popolazione aziendale anche nella formazione obbligatoria, che diventa subito più immediata e leggera”.
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