Misurare l’efficacia dei modelli di welfare aziendale per favorire il benessere delle persone. L’esperienza di Jointly
Come si è trasformato il welfare nel corso degli ultimi anni, in un mondo del lavoro che cambia, e quanto efficaci sono i modelli adottati dalle aziende: ad affrontare questo tema di importanza cruciale per lo sviluppo economico e sociale di ogni territorio è Anna Zattoni, Presidente e Co-founder Jointly, ospite del Clubhouse di SHR Italia.
“Ho maturato la mia esperienza professionale nell’ambito della consulenza strategica, organizzazione, risorse umane, diversity e inclusion sia in multinazionali che in associazioni no profit – spiega Anna Zattoni – In particolare, nell’ambito di Valore D, ho approfondito i temi come flessibilità, work life balance e, non ultimo, welfare condiviso, oggi fulcro di Jointly.
Uno strumento fondamentale per favorire il benessere delle persone, e il loro engagement nel lavoro che devono svolgere”.
A determinare la crescente attenzione delle aziende al wellbeing rispetto all’elemento strettamente economico del welfare è stata la pandemia: “Il tema del welfare non è cosa nuova – prosegue Anna Zattoni –. Ma l’emergenza sanitaria che abbiamo vissuto ha portato le aziende a considerare sempre più centrale il benessere delle persone.
È qui che, al welfare aziendale, si è affiancata la parola ‘wellbeing’: le aziende si sono impegnate per aiutare le persone a far fronte ai bisogni primari. Ora si sta aprendo una nuova fase data dal contesto di inflazione: nel wellbeing è compreso anche il benessere economico, insieme al quale coesistono altre dimensioni.
Mi riferisco al benessere familiare, mentale, fisico, relazionale, oltre alla capacità delle persone di riuscire a beneficiare correttamente degli strumenti di welfare che l’azienda mette in campo”.
Attraverso un assessment, la società benefit elabora i diversi modelli di welfare delle aziende analizzando, in particolare, alcuni aspetti: coerenza con la strategia aziendale, sistemi di ascolto e comunicazione, tipologia di offerta e misurazione di impatto: “Facendo riferimento a questi parametri, individuiamo il modello di welfare e verifichiamo se è coerente ed efficace rispetto alla direzione che l’azienda vuole prendere – dice Anna Zattoni.
Perché un modello abbia successo, e le persone non rischino di perderne i vantaggi, è importante adottare una comunicazione efficace che spieghi come funziona.
“Il 50% della riuscita di un’iniziativa di welfare aziendaleÈ l’insieme di benefit e prestazioni che un datore di lavoro riconosce ai suoi dipendenti, in aggiunta alla normale retribuzione, con lo scopo di migliorarne la qualità della vita privata e professionale. More è determinata dal coinvolgimento delle persone. Non importa quanti servizi e investimenti un’azienda metta: il successo dipende da come il piano è stato progettato, e come viene trasmesso alle persone”.
Come favorire la conoscenza dei piani di welfare nella popolazione aziendale? Tra le soluzioni proposte da Jointly c’è la formazione di figure dedicate: “Abbiamo pensato di istituire dei welfare ambassador, o welfare coach, che aiutino i colleghi nel momento del bisogno, specie quanto più l’organizzazione è articolata geograficamente, o professionalmente – spiega Anna Zattoni.
Formare un gruppo di persone appassionate sul tema del welfare aziendale e sugli strumenti che l’azienda mette a disposizione aiuta a creare un canale di comunicazione bidirezionale.
Il welfare coach ascolta le necessità dei colleghi, le indirizza rispetto alle soluzioni più adeguate, presenti in azienda o nel territorio di riferimento delle persone, e le trasferisce al welfare manager e a chi progetta i servizi creando, così, qualcosa di veramente vicino alle persone”.
Il benessere dei lavoratori è una condizione utile a ridurre il divario di genere: l’occupazione femminile è sotto il 50% da oltre un decennio, il numero di dimissioni per maternità è raddoppiato nel biennio 2020-2021, e solo 1 bambino su 4 accede ai servizi per l’infanzia.
“Questi numeri ci aiutano a capire quanto sia importante, per le aziende, lavorare su questi aspetti utilizzando anche lo strumento del welfare – conclude Anna Zattoni –. Evitare le dimissioniL’atto unilaterale con cui il lavoratore comunica di voler interrompere il rapporto lavorativo con il datore di lavoro. More e sostenere i carichi di cura nella fase di neo genitorialità è un modo concreto per favorire la parità di genere e garantire le stesse opportunità di crescita professionale per uomo e donna.
La certificazione sulla parità di genere, poi, contribuisce a sistematizzare gli strumenti messi in campo nel corso degli anni su questo fronte, e mette le aziende nelle condizioni di accedere a migliori opportunità nell’ambito del PNRR”.
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