L’obbligo di vaccinazione riguarda tutti i professionisti e tutti i lavoratori del settore sanitario. In caso di rifiuto si rischia di perdere lo stipendio fino a fine anno
AGGIORNAMENTO 17/09/2021
In seguito alle polemiche scoppiate dopo il rifiuto di alcuni operatori sanitari di sottoporsi al vaccino anti Covid-19, il Governo, con il “decreto Aprile” (dl 44/2021) e con il successivo decreto legge n. 122 del 10 settembre ha esteso l’obbligo di vaccino per tutti i lavoratori che operano nel settore sanitario.
Dal 6 aprile 2021 infatti tutti i medici, gli infermieri e gli operatori sono obbligati a vaccinarsi. In caso di rifiuto si rischia di perdere lo stipendio fino a fine anno.
Medici, professionisti, personale amministrativo, addetti alle mense e ai servizi di pulizia e manutenzione. Chiunque presti la propria attività lavorativa in una struttura sociosanitaria, socioassistenziale o residenziale, incluse le farmacie e le parafarmacie, deve essere vaccinato
Sì, ma solo in casi eccezionali e certificati. La vaccinazione non è obbligatoria (o può essere rinviata) solo in caso di accertato pericolo per la salute attestato dal medico di medicina generale.
I datori di lavoro trasmettono alle regioni tutti i nominativi dei lavoratori che operano nelle strutture sanitarie e negli studi professionali. Le regioni, una volta ricevuto l’elenco dei nominativi, controllano se tutti i lavoratori si sono già sottoposti a vaccino.
Se un lavoratore risulta non ancora vaccinato o non è in lista di attesa, la regione segnala il soggetto all’ASL competente. A sua volta, l’ASL invita il lavoratore a giustificare il ritardo o a documentare di aver inviato la richiesta di vaccinazione.
Se il dipendente non giustifica il ritardo o non presenta la documentazione attestante l’avvenuta prenotazione, l’ASL invita formalmente l’interessato a sottoporsi alla somministrazione del vaccino, indicando tempi, luoghi e modalità della somministrazione.
Nel caso in cui il lavoratore non si presenti all’appuntamento per il vaccino, l’ASL ne dà immediata comunicazione scritta all’interessato, al datore di lavoro e all’Ordine professionale di appartenenza. Dopo tale comunicazione, il lavoratore non ha più diritto ad eseguire prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o che comportino, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da coronavirus.
La sospensione dura fino a quando il lavoratore non si sottopone a vaccino e comunque non oltre il 31 dicembre 2021.
Sì. Il lavoratore no-vax può essere adibito a mansioni, anche inferiori, che non comportino il contatto e il rischio di diffusione del contagio. In caso di mansioni inferiori, il trattamento economico sarà diminuito. Tuttavia, se non ci sono mansioni inferiori o non è impossibile evitare il contatto con il pubblico, il lavoratore è sospeso dal lavoro, e «non è dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato».
I soggetti che, per comprovati motivi di salute, non possono vaccinarsi, possono essere adibiti a mansioni diverse, ma in questo caso senza alcuna diminuzione dello stipendio.