Welfare aziendale, le novità del 2023

Welfare aziendale 2023
(foto Shutterstock)

Fringe benefit: limite a 3000 euro, ma solo per genitori con figli a carico. I dati: le aziende che investono in welfare sono sempre più numerose e competitive

Un passo indietro rispetto al 2022

Il 2022 aveva visto diverse innovazioni in materia di benefit aziendali. Una delle agevolazioni che ricordiamo è il limite di esenzione fiscale da 258,23 a 3 mila euro per i cosiddetti “fringe benefit. La misura era stata studiata per offrire alle aziende uno strumento, non gravato da oneri aggiuntivi, per alzare lo stipendio dei lavoratori, anche attraverso il rimborso delle spese per luce, acqua e gas.

Un valido mezzo, in quel periodo, per contenere la spesa energetica che stava mettendo in difficoltà cittadini e aziende. 

Con il Decreto Lavoro, tuttavia, il limite di 3 mila euro è mantenuto solo per i genitori con figli a carico. Per quanto riguarda la Legge di Bilancio, inoltre, non affronta proprio il capitolo welfare.

La decisione del Governo di tralasciare del tutto questo ha suscitato qualche perplessità, se non altro in vista del fatto che sempre più imprese scelgono di progettare una strategia di welfare aziendale.

C’era attesa anche per il capitolo relativo agli interessi passivi dei mutui e alla mobilità sociale. Per questo tipo di interventi, tuttavia, sarà necessario attendere altri provvedimenti che il legislatore potrebbe emanare nel corso del 2023.

Sempre più aziende investono sul welfare aziendale

In generale, il welfare aziendale è ormai una realtà consolidata per le piccole e medie imprese italiane. Secondo l’ultimo Welfare Index PMI le aziende che investono sul welfare sono passate dal 7,7% nel 2017 al 15,1% nel 2022. 

Più del 68% delle PMI italiane, inoltre, ha superato il livello minimo di investimenti in questo campo e la tendenza è in continua crescita. Raddoppia inoltre il numero di PMI con livello molto alto e alto, passando dal 10,3% del 2016 al 24,7% del 2022. 

Rispetto al passato possiamo notare inoltre che il welfare aziendale non è più solo appannaggio delle grandi imprese, ma anche delle microimprese. La quota di aziende con livello elevato di welfare è massima (70,7%) tra le grandi, con oltre 250 addetti e molto rilevante (66,8%) nelle PMI tra 101 e 250 addetti. Per quanto riguarda poi le microimprese (da 6 a 9 addetti) raddoppiano quelle con un livello elevato di welfare che passano dal 7,7% del 2017 al 15,1% del 2022. 

L’incremento è dovuto in buona parte alla semplificazione delle normative e alle risorse pubbliche stanziate per la protezione sociale, incoraggiando le aziende, anche le più piccole, a impegnarsi a propria volta a sostegno delle famiglie.

Le aziende che investono sul welfare sono più competitive e resilienti

Un importante contributo del Welfare Index PMI è l’analisi dinamica del rapporto tra indici di welfare e bilanci di 2.600 imprese nel periodo 2019-2021, segnato dalla pandemia. Grazie a questa correlazione, possiamo vedere quanto queste misure abbiano contribuito alla resilienza del sistema produttivo

L’analisi mette in luce come le imprese con un sistema più evoluto hanno ottenuto risultati economici e occupazionali superiori alla media, nonché valori di produttività molto più elevati. Nel 2021 l’utile sul fatturato delle PMI ad alto livello di welfare è stato circa il doppio rispetto a quello delle imprese a basso livello di welfare: 6,7% contro 3,7%. Anche gli indici di redditività presentano la stessa dinamica.

Per la prima volta, inoltre, l’analisi dimostra che il welfare aziendale può contribuire in modo decisivo alla resilienza delle imprese. Lo studio ha esaminato anche la relazione tra livelli di welfare aziendale e le performance economiche per gruppi omogenei di imprese colpite o meno dalla crisi (2020) e nella ripresa (2021). 

Nella maggior parte dei cluster, le piccole e medie imprese con un livello elevato di welfare hanno retto meglio alla pandemia e mostrato maggiore slancio nella ripresa

 

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