Il Decreto Lavoro ha introdotto diverse novità sul contratto a tempo determinato: cambiano le causali, mentre le sanzioni rimangono le stesse
Il decreto legge numero 48 del 4 maggio 2023, meglio noto come Decreto Lavoro 2023, è intervenuto anche sulla disciplina dei contratti a termine.
L’obiettivo del Governo è quello di rendere più agevole il ricorso al contratto a tempo determinato, lasciando alle parti l’individuazione delle ipotesi che possono legittimare tale figura contrattuale. Viene prevista, inoltre, una “causalona” generica fino al 30 aprile 2024.
Il tema del contratto a tempo determinato ha sempre appassionato il diritto del lavoro. È un tema che tocca interessi spesso opposti:
Il compromesso è stato raggiunto nell’equilibrio di questi interessi: consentire la stipula dei contratti a tempo determinato solo nelle ipotesi previste dalla legge. I vari Governi, dunque, a seconda del colore politico, si sono adoperati per ridurre o per aumentare il perimetro entro il quale è possibile stipulare questo tipo di contratto.
Con il Decreto Lavoro il Governo ha voluto ampliare l’ambito di applicazione del contratto a termine, modificando le cosiddette causali.
A tal proposito, il ricorso a questo contratto è sempre consentito, senza specificazione di alcuna causale, se la durata non supera i 12 mesi.
Se, invece, la durata pattuita è superiore, oppure si tratta di un rinnovo di un rapporto precedente, è sempre necessario individuare una causaleÈ il motivo, tassativamente previsto dalla legge, che deve giustificare il rinnovo di un contratto a tempo determinato, pena la sua trasformazione in rapporto a tempo indeterminato. More legale.
Il Decreto Lavoro ha cancellato le precedente e ha introdotto queste nuove causali:
D’ora in avanti, la contrattazione aziendale avrà un ruolo fondamentale. La società e le rappresentanze sindacali dei lavoratori, infatti, hanno la possibilità di concordare, attraverso uno specifico accordo aziendale, le ipotesi e le ragioni produttive e organizzative che giustificano le assunzioni a tempo determinato.
Chi sono le parti legittimate a negoziare questi contratti collettivi?
L’altra grande novità riguarda l’introduzione di una causale generica (definita “causalona”): il Decreto Lavoro consente il ricorso al contratto a termine fino al 30 aprile 2024 “per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti”.
Non cambia nulla, invece, per quanto riguarda il sistema sanzionatorio per illegittima apposizione del termine o per sforamento del periodo pattuito.
Che cosa succede se nel contratto è stata riportata una causale sbagliata oppure questa non è veritiera? Come detto, il Decreto Lavoro non modifica l’impianto sanzionatorio. A mente dell’articolo 28 del decreto legislativo 81 del 2015, il lavoratore, previa impugnazione della illegittima apposizione del termine, ha diritto alla conversione del rapporto a tempo indeterminato e a un risarcimento del danno calcolato tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.
Ha diritto a una maggiorazione fino al 40% della retribuzione e “qualora il rapporto di lavoro continui oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, ovvero oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini”.
Rimane sempre ferma la durata massima dei contratti a termine: in caso di sforamento, la sanzione è sempre la conversione a tempo indeterminato.
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