Come confermato anche dall’ultima legge di Bilancio, nell’ultimo periodo anche il Governo vuole dare sempre più importanza a comportamenti volti al benessere sul luogo di lavoro.
In genere con “welfare aziendaleÈ l’insieme di benefit e prestazioni che un datore di lavoro riconosce ai suoi dipendenti, in aggiunta alla normale retribuzione, con lo scopo di migliorarne la qualità della vita privata e professionale. More” si intendono tutte quelle politiche messe in atto dal datore di lavoro che vanno a migliorare la qualità della vita del personale dipendente.
Nel linguaggio comune si fanno rientrare in questa categoria anche quei beni e servizi che in realtà sono fringe benefitl’insieme dei vantaggi concessi dal datore di lavoro ai propri dipendenti come forma remunerativa complementare alla retribuzione principale (per es. auto a disposizione, borse di studio, viaggi premio, ecc.) More. Si tratta di due termini tecnici che indicano cose diverse e che hanno anche un trattamento diverso: è bene quindi approfondirli con la giusta attenzione.
Innanzitutto dobbiamo chiarire che la retribuzione può essere corrisposta in denaro o in natura, cioè sotto forma di beni o servizi. I fringe benefit fanno parte di questa seconda categoria, come definito in una risoluzione dell’Agenzia delle Entrate.
In altre parole, rientra in questa definizione tutto quello che il datore di lavoro eroga ai propri dipendenti, al di fuori del denaro contante. Questi benefit generalmente rientrano nella sfera del reddito da lavoro dipendente, ma ci sono alcune eccezioni.
La norma prevede infatti che al di sotto di una data soglia annua, fissata a 258,23 euro, non concorrano alla formazione del reddito.
Ma questo cosa vuol dire? Facciamo un esempio.
All’interno del periodo di imposta 2023, cioè a partire dal primo gennaio fino al 31 dicembre, il datore di lavoro decide di erogare 250 euro di buoni spesa. Questa cifra, essendo più bassa del limite fissato dalla legge, sarà completamente esente da tassazione e contribuzione; non andrà quindi ad aggiungersi al reddito per il calcolo delle tasse annue.
I 250 euro verranno erogati dal datore di lavoro e percepiti dal dipendente in misura piena, cioè netti, senza alcuna trattenuta.
Se il datore di lavoro decidesse di erogare 300 euro di buoni spesa, invece, risulterebbero imponibili a tasse e contributi nella loro totalità. In questo caso, infatti, superando il limite di 258,23 euro, verrebbero sommati al reddito annuo.
I fringe benefit, però, non sono solo buoni pasto. Rientra in questa categoria ogni servizio che va ad attribuire un vantaggio a un soggetto, al di fuori della retribuzione erogata in busta paga.
Qualche esempio? La concessione di un cellulare aziendale, un computer, ma anche la macchina e ogni altro mezzo che il dipendente può trovarsi a utilizzare anche al di fuori del proprio orario lavorativo.
Rientrano in questa categoria tutti quei servizi o prestazioni offerti al dipendente, che possono peraltro essere utilizzate anche dai familiari. Le somme messe a disposizione sono escluse dal reddito di lavoro dipendente, purché siano offerte a tutti i dipendenti, o a gruppi di essi.
A questo proposito, c’è una distinzione da fare. Il welfare infatti può essere di due tipi:
La regola base è che il datore di lavoro non può erogare direttamente un importo monetario, ma fornisce beni o servizi. Non ci sarà un importo nel cedolino del lavoratore coinvolto che andrà a concorrere alla formazione del netto in busta. È come se i servizi offerti venissero direttamente pagati dal proprio datore di lavoro.
Il welfare, per sua natura, ha una valenza socioassistenziale, e riguarda cioè:
Il datore di lavoro, quindi, potrebbe inserire nel piano la possibilità di usufruire dei fringe benefit, ma solo nel limite imposto dalla legge.
Abbiamo visto che il welfare aziendale per essere definito tale deve coinvolgere tutti i lavoratori, o per lo meno un gruppo. I fringe benefit invece possono essere riconosciuti anche a un singolo dipendente.
Un’ulteriore differenza è che, sebbene negli ultimi anni il legislatore abbia spesso innalzato il limite di non imponibilità dei fringe benefit, la regola generale e su cui bisogna fare affidamento è che possano essere esenti da tasse e contributi i vantaggi che hanno un valore uguale o inferiore a 258,23 euro.
Nella maggior parte dei casi il welfare ha dei limiti di esenzione molto più alti, però deve sottostare comunque a una rigida regolamentazione.
Infine, possiamo dire che i piani di welfare vengono sottoscritti per aiutare le famiglie e bilanciare le esigenze lavorative e personali. I fringe benefit, invece, hanno tendenzialmente la valenza di premio per risultati raggiunti o incentivi per il futuro.
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