Tecnologia Oracle, al servizio del lavoro che cambia

img 1: “Donna analizza dei dati, lavorando in modalità smart working”
(foto Shutterstock)

Smart working, la tecnologia aiuta le persone nella conciliazione dei tempi di vita e di lavoro

L’Auditorium di SHR Italia ha ospitato la Virtual Clubhouse dedicata a tecnologia e lavoro che cambia moderata dall’avvocato e Head of International Desk WI LEGAL Eleonora Cangemi. L’esperienza di Angelo Ghidoni, HR Country Lead Oracle Italy, multinazionale leader nel settore informatico, ha contribuito a numerose riflessioni sui temi relativi a smart working, lavoro agile, gestione risorse umane

Oracle conta, nel mondo, 132.000 persone, 1.100 delle quali impegnate in Italia, con sede a Milano e Roma, e sede centrale in Texas. La multinazionale è presente in tutto il mondo, in particolare in oltre 130 Paesi

Oracle e smart working

Nell’IT c’è sempre stata una grande flessibilità nella distribuzione del lavoro. «Il lavoro agile non è una novità per Oracle – spiega Angelo Ghidoni –. In questi ultimi due anni abbiamo portato a bordo circa 150 persone, e tutte le azioni di recruiting sono state portate avanti attraverso meeting e confronti a distanza. 

Un approccio diverso a seconda delle generazioni, ma che non lego necessariamente all’età anagrafica. È sempre molto difficile fare delle interpretazioni basate su coorti di età o generazioni – prosegue Ghidoni  –. Ogni individuo è diverso da tutti gli altri, indipendentemente dall’età. Di certo, i neolaureati sono più abituati a queste modalità di interazione. 

Abbiamo assunto centinaia di persone durante il lockdown, in modalità video. I giovani sono meno legati a determinati paradigmi, mentre per i senior manca il contatto in presenza ma, nel tempo e un po’ alla volta, si arriverà a un equilibrio. Ciò che possiamo affermare è che, senza dubbio, lo smart working è un elemento che aiuta a mantenere un buon work life balance». 

Dimissioni volontarie: l’importanza dell’ambiente di lavoro

Come interpretare, invece, l’aumento delle dimissioni dell’ultimo periodo? «È vero che a fine 2021 abbiamo avuto dei picchi di dimissioni, rispetto alla media generale. Personalmente, però, – dice Ghidoni –, credo non si sia tenuto conto della curva precedente, e della riapertura del mercato

Dopo il lockdown, le persone sentono di potersi avventurare in nuovi percorsi professionali. Senza dubbio c’è poi una parte che tende ad avere un rapporto più equilibrato con il lavoro, non più visto come totalizzante, e a considerare importanti anche altri aspetti, più legati alla vita privata.

Secondo me, le persone cercano contesti etici in cui lavorare, aziende che abbiano dei valori e si prendano cura delle persone, e anche dell’ambiente. Questi aspetti contano tantissimo per i giovani». 

Smart working, compensare chi non può usufruirne?

Nell’epoca dello smart working non tutti possono gestire il proprio lavoro in modo flessibile: nel mondo dell’industria, della produzione, piuttosto che nei servizi, le persone devono recarsi fisicamente sul luogo di lavoro. Un contesto che pone il quesito se sia doveroso compensare, per queste persone, il mancato ricorso alla flessibilità

Secondo Angelo Ghidoni, il processo dovrebbe partire a livello governativo, ma i tempi potrebbero non essere del tutto maturi: «Se queste modalità di lavoro remoto diventassero prevalenti, è chiaro che si potrebbero avere persone che, a parità di competenze tecniche, ma con mansioni diverse, avrebbero possibilità differenti nella gestione dei tempi di lavoro. Queste differenze potrebbero avere un peso, anche nella scelta del lavoro da svolgere e dell’azienda in cui andare». 

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