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Maternità e paternità

La tutela della maternità e paternità è un diritto previsto per lavoratori e lavoratrici, si tratta infatti di una forma di tutela dei lavoratori. Il diritto alla maternità per una lavoratrice è sancito primariamente dall'articolo 37 della Costituzione, il quale recita: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.  

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Il principio è ribadito anche dal Testo Unico per la tutela e il sostegno della maternità e della paternità, emanato dal d.lgs. n.151/2001 e dal d.lgs. n.80/2015. Il congedo di paternità e maternità è dunque un diritto, al pari dei riposi giornalieri, delle ferie retribuite, dei congedi pagati per malattia e infortuni. Le lavoratrici che si assentano per congedi di maternità hanno diritto a percepire dall’Inps un'indennità economica giornaliera pari all'80% della retribuzione giornaliera calcolata sulla base dell'ultimo mese di lavoro immediatamente precedente l’inizio del congedo. I lavoratori padri, invece, hanno diritto ad un’indennità economica giornaliera da parte dell’Inps pari al 100% della retribuzione.

In questa sezione troverai informazioni su maternità e paternità.

Congedo di maternità: definizione e dettagli 

Il congedo di maternità prevede l'astensione obbligatoria dal lavoro durante un periodo della gravidanza e i mesi immediatamente successivi al parto. In quel frangente la lavoratrice percepisce un'indennità economica in sostituzione alla retribuzione. 

Il diritto è previsto anche nel caso di adozione o di affidamento dei minori. Nello specifico hanno diritto al congedo di maternità: 

  • Le lavoratrici dipendenti assicurate all'INPS anche per la maternità. 
  • Le operaie, apprendiste, impiegate e dirigenti aventi un rapporto di lavoro in corso alla data di inizio del congedo. 
  • Le lavoratrici disoccupate o sospese nel caso in cui tra l'inizio della sospensione, dell'assenza o della disoccupazione e l’inizio del periodo di congedo di maternità non siano decorsi più di sessanta giorni. 
  • Le lavoratrici a domicilio, come previsto dall'articolo 61 del Testo Unico.  
  • Le lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari che abbiano maturato almeno 26 contributi settimanali nell'anno precedente l'inizio del congedo di maternità (o 52 nel biennio precedente). 
  • Le lavoratrici agricole a tempo determinato o indeterminato che, nell’anno di inizio del congedo, siano iscritte negli elenchi nominativi annuali dei lavoratori agricoli per almeno 51 giornate di lavoro agricolo. 
  • Lavoratrici LSU o APU. 
  • Lavoratrici iscritte alla gestione separata INPS e non pensionate, le quali versano il contributo con l'aliquota maggiorata prevista dalla legge per finanziare le prestazioni economiche di maternità. 

La sospensione dall'attività lavorativa per chi ne ha diritto riguarda i due mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi. Si prevede un mese di flessibilità, ovvero si può proseguire l'attività lavorativa durante l'ottavo mese di gestazione e prolungare in questo modo il periodo di congedo di maternità dopo il parto fino a quattro mesi. Questa opzione è concessa soltanto se il medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale e/o il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestano che non ci sono rischi per la salute della mamma e del nascituro. Ma non solo: è possibile anche godere del congedo di maternità integralmente dopo il parto sempre per un periodo totale di cinque mesi. Anche in questo caso è obbligatorio che vi sia l’approvazione sanitaria e che quindi questa scelta non determini rischi alla salute del nascituro e della futura mamma. In caso di adozione o affidamento preadottivo di minore il congedo deve essere fruito durante i primi cinque mesi successivi all'effettivo ingresso del minore in famiglia. 

Il congedo è obbligatorio per legge e può essere prorogato fino a sette mesi dopo il parto nel caso in cui le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della lavoratrice. Il congedo di maternità può altresì essere anticipato qualora venga svolta un'attività faticosa o insalubre oppure si siano registrate gravi complicazioni della gravidanza o malattie frequenti che possono essere aggravate dalla gravidanza. In queste circostanze, l’organo competente (ASL oppure Ispettorato Nazionale del Lavoro) dispongono l’astensione anticipata dal lavoro fino all'inizio del normale congedo di maternità.

Congedo di paternità: definizione e dettagli 

Il congedo di paternità consiste in un periodo di 10 giorni lavorativi da fruire obbligatoriamente, indipendentemente dal congedo maternità, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio o dell'ingresso in famiglia di un minore adottato. In caso di parto plurimo, i 10 giorni raddoppiano a 20. 

Il Testo Unico sancisce, inoltre, il diritto del padre lavoratore di astenersi dall'attività per tutta la durata del congedo di maternità che sarebbe spettato alla lavoratrice qualora non avesse perso la vita in seguito al parto, abbandonato il figlio o affidato esclusivamente al padre.