Il benessere lavorativo è prioritario per le persone e sempre più è un fattore strategico per le aziende. Quali sono i fattori che lo influenzano maggiormente e come intervenire?
Tra le persone e le aziende cresce la consapevolezza sul tema del benessere lavorativo. Si tratta di un fattore che è infatti determinante sia per chi lavora che per chi gestisce un’impresa, perché l’ambiente lavorativo più o meno positivo impatta in vario modo anche sul successo aziendale.
Stimulus, che da oltre trent’anni fornisce consulenze sul tema della salute mentale sul lavoro, ha realizzato un’ampia ricerca coinvolgendo oltre 8.500 partecipanti da 59 aziende italiane. Il progetto è stato condotto in collaborazione con il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna e il Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali e Statistiche dell’Università degli Studi di Palermo, con la manifestazione di interesse del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi.
I risultati parlano chiaro: chi lavora segnala spesso situazioni di stress e il 14% del campione ha dichiarato l’intenzione di lasciare l’attuale posto di lavoro per cercare una situazione migliore. Ma cosa possono fare le aziende per intervenire e migliorare il benessere lavorativo?
La ricerca ha analizzato fattori organizzativi chiave che influenzano il benessere mentale e sono emerse alcune macro tendenze davvero significative, che le aziende possono prendere in considerazione nella propria strategia.
I temi da non perdere di vista sono:
Vediamo più nel dettaglio questi fattori e il loro impatto sull’ambiente di lavoro.
Molte persone dichiarano di avere difficoltà a conciliare il lavoro con la sfera personale. Gli impegni professionali, gli orari di lavoro, gli spostamenti da e verso il luogo lavorativo a volte contrastano con la vita privata – per esempio con le responsabilità familiari.
Si tratta di una questione delicata, che per chi lavora può tradursi in stress, diminuzione dell’engagement nelle attività aziendali, fino anche a quiet quitting o addirittura dimissioniL’atto unilaterale con cui il lavoratore comunica di voler interrompere il rapporto lavorativo con il datore di lavoro. More.
Per le aziende è importante interessarsi a questo tema e trovare delle modalità che possano migliorare l’equilibrio tra professione e vita privata, per esempio con interventi come la flessibilità oraria o lo smart working, ma anche attraverso gesti più simbolici come un giorno di ferie per il proprio compleanno. Per chi lavora si tratta di soluzioni non solo utili ma anche fortemente motivazionali a dare il meglio durante l’orario di lavoro.
Molti lavoratori hanno l’impressione che ci sia una scarsa comunicazione nella propria azienda, fattore che in realtà è cruciale per molti aspetti. La comunicazione interna funziona in molteplici direzioni: dall’alto, quando parte dal team manageriale; dal basso, quando inizia dai dipendenti; in senso orizzontale quando riguarda colleghi.
Come può questo flusso di informazioni avere un impatto positivo sull’ambiente e sul lavoro?
Se chi lavora comunica in modo efficace, si possono individuare tempestivamente gli errori e migliorare i processi decisionali. Dal punto di vista dell’ambiente lavorativo, inoltre, quando la comunicazione interna è migliore in tutte le direzioni, le persone si sentono più coinvolte ed è più semplice trattenere i talenti. Migliora la produttività e in generale tutta la cultura aziendale.
Al contrario, se le aziende non agiscono per avere una buona comunicazione interna, si rischia che i dipendenti si sentano meno partecipi e isolati.
Tra le persone che hanno partecipato alla ricerca, il 14% ha dichiarato di voler lasciare l’attuale lavoro entro al massimo 12 mesi, dato in linea con il tasso medio di turnover in uscita calcolato da Confindustria, che si attesta al 17,6%.
Allo stesso tempo, soprattutto al crescere dell’età di chi lavora, vediamo aumentare il fenomeno del quiet quitting, cioè la decisione di svolgere il minimo dei propri compiti, dentro i propri orari di lavoro, senza farsi coinvolgere in ulteriori progetti.
Sia il turnover che il quiet quitting possono essere collegati a un malessere lavorativo, per cui chi lavora non ha coinvolgimento nelle attività aziendali.
È fondamentale per le aziende comprendere i motivi di questi fenomeni, capire se sono collegati a una situazione di malessere aziendale, capire come intervenire per riportare la motivazione e trattenere i talenti. In questo senso possono essere per esempio molto utili l’analisi delle performance e una strategia mirata di gratificazione di chi lavora.
Un tema sicuramente centrale è il lavoro in situazioni di stress: chi lavora ha bisogno di un equilibrio e di recuperare eventuali situazioni di stress psicofisico. Cosa può fare l’azienda, oltre a una buona comunicazione?
Possiamo consigliare sicuramente tre punti su cui lavorare:
Sfruttando queste risorse aumenta la soddisfazione di chi lavora, mentre diminuiscono la sensazione di fatica e dunque il bisogno di un recupero psicofisico in situazioni di stress o quando il carico di lavoro è molto intenso. Se le responsabilità sono distribuite e c’è collaborazione, l’ambiente lavorativo non può che migliorare, aumentando come sappiamo anche la produttività.
Conoscere i fattori che influiscono sull’ambiente lavorativo e sul wellbeing di chi lavora è il primo passo per migliorare. Cosa può fare l’azienda, dopo aver capito quali sono le aree critiche?
Alla luce della ricerca, possiamo tracciare delle utili linee guida:
Lo scopo di Stimulus è portare attenzione sul benessere mentale lavorativo, anche in qualità di leva strategica: un ambiente lavorativo sereno impatta positivamente sulla vita delle persone ma anche sul business.
Da anni al fianco delle aziende, Stimulus propone consulenze, formazione e coaching con cui aiuta le organizzazioni a capire le proprie problematiche e trovare soluzioni personalizzate.
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