Fin dall’inizio della gravidanza, il datore di lavoro deve garantire alla lavoratrice una serie di tutele.
Non tutte si collocano solo durante il periodo di gravidanza, ma l’ordinamento prevede specifiche tutele anche per i momenti successivi.
I diversi obblighi e divieti, infatti, sono tutti finalizzati a salvaguardare la salute e l’integrità non solo della lavoratrice, ma anche del nascituro.
Quali sono le principali tutele che deve garantire il datore di lavoro?
Innanzitutto, deve garantire un ambiente lavorativo protetto e sicuro, dall’inizio della gravidanza sino al 7° mese di età del figlio.
Questo vuol dire che in azienda deve sussistere:
Per farlo, il datore può:
Attenzione: Se non può essere adibita a mansioni differenti, come specificheremo, la lavoratrice avrà diritto all’anticipazione del congedo.
La seconda tutela riguarda le visite mediche. Il datore, infatti, deve concedere permessi retribuiti per esami prenatali e accertamenti clinici da effettuarsi durante l’orario di lavoro.
La futura mamma dovrà fornire il certificato medico di gravidanza e la documentazione che giustifica la visita o gli esami.
Infine, il datore di lavoro non può mai pretendere la prestazione lavorativa durante la fruizione del congedo di maternità, sia esso:
Come accennato, la lavoratrice può ottenere l’anticipo del congedo.
Questa possibilità è concessa se la lavoratrice:
L’organo competente dispone l’interdizione anticipata dal lavoro fino all’inizio del congedo di maternità.
Economicamente parlando, in genere, il datore di lavoro anticipa per conto dell’INPS l’indennità di maternità per poi recuperarla in fase di conguagli contributivi sotto forma di credito.
Nel momento in cui la lavoratrice percepisce in busta paga questa indennità, il datore di lavoro, se previsto dal CCNL, ha anche l’obbligo di integrare l’importo INPS per rendere la retribuzione della lavoratrice più simile ai periodi pienamente lavorati.
Ad esempio, il CCNL Metalmeccanica Industria prevede che “alla lavoratrice assente nei 5 mesi di congedo di maternità sarà corrisposta, a integrazione di quanto previsto dalla legge, l’intera retribuzione globale”.
Infine, Ci sono una serie di tutele da garantire anche dopo la fruizione del congedo.
Indipendentemente dal settore, il datore non può chiedere alla neomamma di lavorare tra le 24:00 e le 06:00 del mattino. Questo divieto vale fino al compimento di 1 anno di età del figlio. Inoltre, fino ai 3 anni del bimbo, la lavoratrice può sempre rifiutare di svolgere lavoro notturno.
Durante il primo anno di vita dei figli, il datore deve concedere permessi giornalieri retribuiti per allattare. Le ore concesse sono considerate lavorative a tutti gli effetti. Il datore che non concede i permessi è punibile con una sanzione pecuniaria.
Il datore di lavoro, dalla data di inizio della gravidanza fino al compimento di 1 anno di età del figlio, non può licenziare. Qualsiasi licenziamento intimato durante il cd.“periodo protetto” è nullo.
Ci sono delle eccezioni a questo divieto, come ad esempio quando la lavoratrice commette un fatto/atto rilevante sotto il profilo disciplinare con colpa grave.
Esistono poi una serie di casi particolari di cui il datore di lavoro deve tenere conto, come ad esempio le dimissioni.
Se la lavoratrice in gravidanza o con figlio di età inferiore ai 3 anni decide di porre fine volontariamente al rapporto di lavoro durante il periodo cosiddetto protetto, la legge prevede: