La maternità: gli obblighi del datore di lavoro

Fin dall’inizio della gravidanza, il datore di lavoro deve garantire alla lavoratrice una serie di tutele.

Non tutte si collocano solo durante il periodo di gravidanza, ma l’ordinamento prevede specifiche tutele anche per i momenti successivi

I diversi obblighi e divieti, infatti, sono tutti finalizzati a salvaguardare la salute e l’integrità non solo della lavoratrice, ma anche del nascituro.

 

Tutele durante la gravidanza

Quali sono le principali tutele che deve garantire il datore di lavoro?

Innanzitutto, deve garantire un ambiente lavorativo protetto e sicuro, dall’inizio della gravidanza sino al 7° mese di età del figlio. 

Questo vuol dire che in azienda deve sussistere:

  • il divieto di adibire la lavoratrice al trasporto e al sollevamento pesi;
  • il divieto di farle svolgere mansioni faticose, insalubri e/o pericolose;
  • l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi (detta DVR);
  • e infine l’obbligo di modificare la mansione della lavoratrice se questa normalmente svolge mansioni vietate. 

Per farlo, il datore può:    

  • ricorrere al demansionamento in base alle disposizioni contenute nell’articolo 2103 cc;
  • spostare la lavoratrice a mansioni superiori. In questo caso, superati i 6 mesi, queste diventano definitive con equivalente adeguamento contrattuale.

Attenzione: Se non può essere adibita a mansioni differenti, come specificheremo, la lavoratrice avrà diritto all’anticipazione del congedo.

La seconda tutela riguarda le visite mediche. Il datore, infatti, deve concedere permessi retribuiti per esami prenatali e accertamenti clinici da effettuarsi durante l’orario di lavoro.

 La futura mamma dovrà fornire il certificato medico di gravidanza e la documentazione che giustifica la visita o gli esami. 

Infine, il datore di lavoro non può mai pretendere la prestazione lavorativa durante la fruizione del congedo di maternità, sia esso:

  • ordinario: fruito 2 mesi prima e 3 mesi dopo il parto
  • flessibile: fruito 1 mese prima e 4 mesi dopo oppure integralmente dopo il parto. 

 

Anticipo del congedo di maternità

Come accennato, la lavoratrice può ottenere l’anticipo del congedo.

Questa possibilità è concessa se la lavoratrice:  

  • svolge un’attività faticosa o insalubre e non può essere adibita a mansioni differenti;
  • lavora in condizioni ambientali pericolose per la salute propria e del nascituro;
  • subisce gravi complicanze nella gravidanza.

L’organo competente dispone l’interdizione anticipata dal lavoro fino all’inizio del congedo di maternità.

 

Cosa deve pagare il datore di lavoro?

Economicamente parlando, in genere, il datore di lavoro anticipa per conto dell’INPS l’indennità di maternità per poi recuperarla in fase di conguagli contributivi sotto forma di credito.

Nel momento in cui la lavoratrice percepisce in busta paga questa indennità, il datore di lavoro, se previsto dal CCNL, ha anche l’obbligo di integrare l’importo INPS per rendere la retribuzione della lavoratrice più simile ai periodi pienamente lavorati. 

Ad esempio, il CCNL Metalmeccanica Industria prevede che “alla lavoratrice assente nei 5 mesi di congedo di maternità sarà corrisposta, a integrazione di quanto previsto dalla legge, l’intera retribuzione globale”. 

 

Le tutele prolungate

Infine, Ci sono una serie di tutele da garantire anche dopo la fruizione del congedo.

Indipendentemente dal settore, il datore non può chiedere alla neomamma di lavorare tra le 24:00 e le 06:00 del mattino. Questo divieto vale fino al compimento di 1 anno di età del figlio. Inoltre, fino ai 3 anni del bimbo, la lavoratrice può sempre rifiutare di svolgere lavoro notturno.

Durante il primo anno di vita dei figli, il datore deve concedere permessi giornalieri retribuiti per allattare. Le ore concesse sono considerate lavorative a tutti gli effetti. Il datore che non concede i permessi è punibile con una sanzione pecuniaria.  

Il datore di lavoro, dalla data di inizio della gravidanza fino al compimento di 1 anno di età del figlio, non può licenziare. Qualsiasi licenziamento intimato durante il cd.“periodo protetto” è nullo.

Ci sono delle eccezioni a questo divieto, come ad esempio quando la lavoratrice commette un fatto/atto rilevante sotto il profilo disciplinare con colpa grave

 

Casi particolari

Esistono poi una serie di casi particolari di cui il datore di lavoro deve tenere conto, come ad esempio le dimissioni.

Se la lavoratrice in gravidanza o con figlio di età inferiore ai 3 anni decide di porre fine volontariamente al rapporto di lavoro durante il periodo cosiddetto protetto, la legge prevede: 

  • una deroga alla regola del preavviso: questo vuol dire che le dimissioni della madre possono essere anche immediate;
  • l’obbligo di convalida presso la sede ispettiva del Ministero del Lavoro;
  • il riconoscimento dell’indennità sostitutiva del preavviso calcolata secondo i principi previsti in materia di licenziamento.