La durata della maternità è limitata, tuttavia esiste la possibilità di anticiparla e di prolungarla
L’equilibrio tra maternità e lavoro è da tempo oggetto del dibattito sociale e politico perché, sempre più, le donne mirano a conciliare le responsabilità familiari con le opportunità di crescita professionale.
Per questo motivo, la lavoratrice dipendente che scopre di essere incinta gode di una serie di tutele sotto diversi aspetti. Queste sono garantite dall’inizio della gravidanza fino a dopo il parto, a seconda dei casi specifici.
Diventare madre, infatti, non può determinare la fine del rapporto di lavoro ne tanto meno modificarlo in senso peggiorativo.
L’Inps e il datore di lavoro sono tenuti al rispetto di una serie di misure e tutele che supportano e aiutano, anche economicamente, le future mamme.
In questo articolo scopriamo che cos’è l’astensione obbligatoria per maternità e in cosa si differenzia rispetto a quella facoltativa. Le disposizioni valgono tanto per le lavoratrici dipendenti del settore privato quanto per quelle del settore pubblico.
Hai bisogno di una mano a capire meglio come funziona e quanto dura un congedo maternità? In questo articolo troverai le risposte che cerchi.
Con questo termine si fa riferimento all’astensione obbligatoria per legge che deve essere rispettata, secondo determinate tempistiche, prima e dopo il parto.
Nello specifico, la futura mamma ha diritto a un periodo di non lavoro dai due mesi prima la data presunta del parto ai tre mesi dopo il parto. Il legislatore, però, ammette altre forme di astensione e cioè:
Se il figlio nasce prima rispetto alla data presunta del parto, allora alla madre spettano anche i giorni non goduti prima del parto.
Nei casi un po’ più complessi, invece, si parla di maternità anticipata. Cosa vuol dire? Quando le lavoratrici svolgono lavori gravosi e dannosi per la salute del nascituro, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) può decidere per l’anticipazione del congedo, e quindi dell’astensione, fino a tre mesi prima rispetto alla data presunta del parto.
Ma non solo: sempre l’INL può decidere anche per il prolungamento del congedo di maternità fino al compimento dei sette mesi del bambino. Anche in questo caso, però, dovrà essere rispettato un preciso percorso autorizzativo dell’Ispettorato.
Cosa succede se il datore di lavoro non rispetta questi obblighi? Può essere punito con l’arresto fino a sei mesi.
La durata totale massima del congedo è di cinque mesi che possono essere utilizzati nei modi che abbiamo elencato nel paragrafo precedente.
Nel caso di parto gemellare, a differenza di quanto previsto per la maternità facoltativa, i mesi non vengono riconosciuti per ogni figlio, ma rimangono sempre fermi a cinque totali.
Attenzione: la data presunta del parto non viene mai considerata nel periodo di astensione, ma è un giorno a sé. Questo vuol dire che, se la data presunta del parto e quella effettiva coincidono, allora la mamma avrà diritto a un periodo di congedo complessivo pari a cinque mesi e un giorno.
Leggere variazioni di durata ci possono essere se il parto avviene prima o dopo la data presunta.
Per capire concretamente il giorno a partire dal quale inizia il congedo, bisogna prendere a riferimento la data presunta del parto e da quella andare a ritroso.
Facciamo un esempio: se la data presunta del parto è il 9 giugno 2024 e la mamma usa i cinque mesi di congedo con la formula 2+3, allora il periodo di astensione parte dal 9 aprile 2024.
Durante il periodo di astensione, alla mamma viene pagata un’indennità economica da parte dell’Inps pari all’80% della retribuzione mensile globale (RMGG) dell’ultimo mese di lavoro. Questa indennità, in genere, è anticipata in busta paga, per conto dell’ente, dall’azienda.
Calcolare quanto si prende realmente in maternità, però, non è così semplice. Cerchiamo di riassumere a grandi linee i passaggi necessari.
Per trovare il valore della RMGG, bisogna dividere l’imponibile contributivo per un divisore fisso e poi calcolare quanto incidono sul totale le mensilità aggiuntive previste dalla contrattazione collettiva.
Sommando questi valori, ottengo la RMGG su cui dovrà essere applicata la percentuale dell’80%.
Il totale di quest’ultima operazione, deve essere moltiplicato per i giorni di congedo e si ottiene così, all’incirca, il totale che si prende in maternità.
Attenzione: per tutta la durata del congedo, alla lavoratrice sono assicurati i contributi figurativi, utili tanto per il diritto alla pensione, quanto al suo futuro importo.
Compreso come funziona l’astensione obbligatoria, parliamo ora della facoltativa.
Molto spesso c’è confusione su quale sia il termine utilizzare, ma siamo qui proprio per sciogliere questi dubbi: il congedo parentale e la maternità facoltativa sono la stessa cosa.
Con questo congedo, infatti, entrambi i genitori possono decidere volontariamente di utilizzare un ulteriore periodo di non lavoro per accudire il proprio figlio.
La durata massima del congedo parentale è la seguente:
Le domande di indennità di maternità per le lavoratrici dipendenti devono essere presentate esclusivamente tramite il servizio online dell’Inps, accedendo alla propria area riservata con SPID oppure CIE.
Tutti i documenti che è necessario allegare alla domanda, però, devono ancora essere presentati in forma cartacea alla Struttura Inps competente per territorio.
Attenzione: è obbligatorio trasmettere la domanda entro e non oltre i due mesi precedenti la data presunta del parto.
Per quanto riguarda, invece, il congedo parentale, la domanda di solito va inoltrata prima dell’inizio del periodo di astensione dal lavoro e deve essere inviata direttamente all’INPS, tramite il servizio online presente sul sito web dell’ente.
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