Cessione del quinto, cosa succede alla fine del rapporto?

Cessione del quinto: cosa succede alla fine del rapporto?
(foto Shutterstock)

Sono previsti precisi obblighi a carico dell’azienda nel caso in cui il finanziamento non sia stato ancora interamente pagato

Al termine del rapporto è possibile che il lavoratore non abbia ancora finito di pagare interamente il finanziamento ottenuto mediante la cessione del quinto dello stipendio.

Per evitare che la cessazione del rapporto pregiudichi l’istituto finanziatore sono previsti precisi obblighi a carico dell’azienda.

La cessione del quinto

Trattasi di una forma di finanziamento per i lavoratori subordinati. Funziona in modo molto semplice: un dipendente ottiene del denaro in prestito da una banca o da una finanziaria, che restituisce, mensilmente, mediante la cessione di una parte del proprio stipendio.

Dopo aver scelto l’istituto finanziario, il lavoratore deve dimostrare di avere i requisiti necessari per pagare il suo debito con questa formula.

Nello specifico, deve avere un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, anche parziale, o parasubordinato (Co.Co.Co, agenti e rappresentanti di commercio) e ricevere uno stipendio fisso e continuativo.

Non può cedere il quinto dello stipendio il lavoratore che si trova nelle seguenti condizioni:

  • in aspettativa non retribuita
  • in congedo non retribuito
  • con età superiore a 65 anni
  • ha sottoscritto un divieto di cessione dello stipendio con il proprio datore di lavoro.

Essa avviene in contemporanea rispetto all’erogazione del finanziamento. Lo stipendio, dunque, rappresenta la garanzia di adempimento del prestito. Finché dura il rapporto lavorativo, la finanziaria riceve mensilmente la quota di retribuzione a copertura delle somme prestate. E se il rapporto di lavoro finisce?

In relazione al TFR

La fine del rapporto comporta che la banca non può più fare affidamento sulla quota di stipendio ceduta perché è terminato il rapporto che garantiva lo stipendio mensile.

Tuttavia, anche in questo caso, sono previste alcune tutele a favore del soggetto che ha prestato il denaro.

Innanzitutto, la maggior parte degli istituti prevede, tra le clausole che regolano la cessione, la devoluzione dell’intera somma del TFR in acconto o a saldo del finanziamento. Significa che, se il prestito non è stato interamente pagato, il TFR viene versato direttamente dall’azienda alla finanziaria, a copertura del finanziamento.

A tal fine, prima del pagamento del TFR, l’azienda deve dare comunicazione della cessazione del rapporto alla banca/finanziaria, che la informerà dell’eventuale debito residuo: in questo caso l’azienda devolverà il TFR per il pagamento della somma residua. 

Si tratta di una deroga alla disciplina generale, che, per quanto riguarda lo stipendio, consente la cessione nel limite massimo del quinto.

Cosa succede se cambio lavoro?

Nel caso in cui un dipendente abbia in corso una cessione del quinto e cambi lavoro, lo scenario dipende dalle condizioni contrattuali del finanziamento. Molti contratti prevedono una ultra vigenza della cessione anche nel caso in cui si cambi posto di lavoro.

Cosa significa? In questa ipotesi, il debito residuo si trasferisce al nuovo rapporto di lavoro. Il dipendente è obbligato a informare la banca/finanziaria del nuovo datore di lavoro, al quale sarà notificata la cessione dello stipendio.

Il nuovo datore di lavoro si può opporre? No. La cessione è un contratto tra lavoratore e banca/finanziaria, rispetto al quale l’azienda è un soggetto terzo.

Se, invece, il contratto non prevede questo passaggio, il lavoratore, nel caso in cui debba risarcire ancora una parte di prestito, dovrà far fronte autonomamente al pagamento del debito, oppure rinegoziare una nuova cessione con la finanziaria.

 

 

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