Un’azienda è stata condannata per aver decurtato il premio di risultato a un lavoratore in congedo parentale. Il Tribunale di Asti ha ritenuto la condotta discriminatoria
Un lavoratore è rimasto assente dal lavoro per sessanta giorni, usufruendo del congedo parentaleÈ il diritto, riconosciuto in capo a entrambi i genitori, di astenersi dal lavoro facoltativamente e contemporaneamente entro i primi anni di vita del bambino. More. Il congedo parentale è un periodo di astensione facoltativa dal lavoro, riconosciuto al padre e alla madre lavoratori dipendenti, fino al compimento del 12° anno di età del bambino, con una durata massima di 10-11 mesi.
Proprio a causa dell’assenza dovuta al congedo parentale, il lavoratore, a fine anno, ha ricevuto dal datore di lavoro un premio di risultato inferiore a quello dei colleghi. La motivazione? L’accordo aziendale, che ha istituito e regolato il premio aziendale di risultato, ha previsto una riduzione dell’importo del premio in caso di assenza dal lavoro per alcuni motivi specificamente individuati, tra cui anche le assenze per congedo parentale.
Il lavoratore, ritenendo di essere stato discriminato in qualità di genitore, si è rivolto al Tribunale di Asti, chiedendo che l’azienda fosse condannata a pagargli integralmente il premio.
L’azienda, invece, ha negato la natura discriminatoria, sostenendo che il premio di risultato è necessariamente collegato alla presenza al lavoro e al conseguente contributo fornito alla realizzazione degli obiettivi aziendali.
Il Tribunale, dunque, ha dovuto rispondere al seguente interrogativo: è discriminatorio o meno ridurre il premio di risultato ai genitori che fruiscono del congedo parentale?
Il Tribunale di Asti, con la sentenza del 7 dicembre 2020, ha ritenuto discriminatoria la disciplina dell’accordo aziendale sul premio di risultato, nella parte in cui ha previsto la riduzione del premio in caso di assenze per congedo parentale.
La domanda del lavoratore è stata accolta, e l’azienda condannata a corrispondere l’intero premio.
Secondo il Giudice del lavoro, tale meccanismo di riduzione del premio ha determinato un trattamento penalizzante per i genitori che fruivano del congedo parentale, con violazione del divieto di discriminazione in ragione della genitorialità, che risulta dal “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna” (dl n.198/2006). In base all’art. 25 del Codice, infatti, costituisce discriminazione ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, di maternità o paternità, anche adottive, o in ragione dell’esercizio dei relativi diritti.
Secondo il Tribunale, quindi, «lo status di genitore» costituisce «un autonomo fattore di protezione nell’ordinamento vigente».
Inoltre, il meccanismo di riduzione del premio non era giustificato dalla necessità di valorizzare la presenza in servizio dei lavoratori poiché penalizzava proprio le assenze per congedi parentali (e, quindi, i genitori) e non altre tipologie di assenze (quali, ad esempio, assenze per legge 104, permessi sindacali, permessi per donazioni del sangue, etc.).
Con questa importante sentenza è stato quindi affermato che lo status di genitore e l’esercizio dei relativi diritti, come la fruizione del congedo parentale, non possono costituire un valido motivo per legittimare un trattamento diverso tra lavoratori.
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