Tempo tuta​: cos’è e come viene regolamentato

Tempo tuta
(foto Shutterstock)

Il cambio vestiario non è da considerarsi sempre attività lavorativa, perché varia in base alla volontà del datore di lavoro

Secondo le più recenti sentenze della Corte di Cassazione, il tempo che impieghi per cambiarti d’abito prima di iniziare a lavorare non è sempre considerato orario retribuito.

La differenza sta in due elementi precisi: se ti viene richiesto di indossare un abbigliamento specifico per svolgere le tue mansioni, e se l’azienda ti mette a disposizione uno spazio apposito per cambiarti, allora quel tempo può essere considerato a tutti gli effetti orario di lavoro.

Con questo articolo, vediamo quando il cosiddetto “tempo tuta” va retribuito e quando invece no, così da aiutarti a capire cosa ti spetta.

Cos’è il tempo tuta

In alcuni lavori, per poter svolgere le tue mansioni in sicurezza, devi indossare abiti specifici che proteggono te e anche le persone intorno a te.

Spesso ti viene richiesto di usare Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), come caschi, tute ignifughe, camici o guanti sterilizzati, prima di iniziare l’attività.

Ma quindi, cos’è il tempo tuta? È il tempo che impieghi per cambiarti e indossare l’abbigliamento richiesto per poter iniziare il tuo lavoro in modo conforme e sicuro.

La quantificazione del tempo tuta

Se stai svolgendo azioni necessarie per iniziare il tuo lavoro, anche se l’attività vera e propria non è ancora cominciata, hai diritto alla retribuzione come se stessi già lavorando.

La durata del tempo tuta cambia in base a quanto è complessa la tua mansione. Oltre al tempo per vestirti e svestirti, viene conteggiato anche il tempo che impieghi per andare dallo spogliatoio al reparto dove svolgerai la tua attività.

Quindi, il tempo tuta può durare 5 minuti, 10 minuti o più, a seconda delle esigenze del lavoro.

Esempio: se lavori come operatore sanitario, devi indossare la divisa per ragioni igienico-sanitarie. In questo caso, il tempo che impieghi per cambiarti e raggiungere il reparto fa parte a tutti gli effetti del tuo orario di lavoro e deve essere pagato.

Attenzione però: questo non vale per il tempo che impieghi per arrivare da casa al lavoro. A meno che il contratto collettivo preveda diversamente, il tragitto casa-lavoro non è retribuito.

Il tempo tuta fa parte dell’orario di lavoro?

Per orario di lavoro si intende qualsiasi periodo in cui sei a disposizione del datore di lavoro e stai svolgendo la tua attività o le tue funzioni.

In alcuni impieghi ti viene richiesto di indossare abiti specifici o dispositivi di protezione individuale per poter lavorare in sicurezza. Quando questo tipo di vestiario è obbligatorio nel tuo luogo di lavoro, il tempo che impieghi per metterlo fa parte dell’orario lavorativo.

In questi casi, il tempo tuta è considerato essenziale per svolgere le tue mansioni, e quindi va retribuito come normale orario di lavoro.

Tempo tuta CCNL

Quando si parla di tempo tuta, è fondamentale che tu sappia cosa prevede il tuo CCNL, cioè il contratto collettivo nazionale di lavoro applicato nella tua azienda.

È proprio dal CCNL che si parte per capire se il tempo impiegato per vestirti e svestirti nel luogo di lavoro va considerato orario lavorativo.

In alcuni settori, il tempo tuta è chiaramente riconosciuto come parte dell’orario di lavoro e quindi va retribuito, soprattutto quando l’uso della divisa è obbligatorio e deve avvenire all’interno dei locali aziendali.

Se invece il contratto collettivo non dice nulla di preciso, la questione viene rimandata agli accordi aziendali o lasciata alla decisione del datore di lavoro, e questo può creare incomprensioni o trattamenti non uniformi.

Tempo tuta metalmeccanici​

Nel CCNL Metalmeccanici Industria, il tempo tuta non è indicato come voce autonoma, ma rientra nella definizione generale di orario di lavoro, cioè il tempo in cui sei a disposizione del datore di lavoro e svolgi le tue funzioni.

Le operazioni di vestizione e svestizione della divisa obbligatoria vengono considerate tempi accessori, e per sapere se e come vengono pagati, bisogna fare riferimento alla contrattazione di secondo livello, cioè agli accordi aziendali.

Secondo la giurisprudenza, questi minuti rientrano nell’orario effettivo solo se il datore di lavoro stabilisce luogo, tempo e modalità per cambiarti. Se non ci sono indicazioni precise, restano attività preparatorie non retribuite.

Per dare certezza sia a te che all’azienda, nel settore metalmeccanico si fanno spesso accordi aziendali o territoriali.

In questi accordi si può stabilire, ad esempio, che un certo numero di minuti al giorno venga riconosciuto come tempo tuta, oppure si può prevedere un’indennità forfettaria legata a questa attività.

Tempo tuta industria alimentare

Anche se lavori nel settore alimentare, il tema del tempo tuta è particolarmente importante per motivi di sicurezza e igiene.

Nel tuo caso, il tempo che impieghi per indossare e togliere la divisa è spesso gestito con regole più rigide rispetto ad altri settori, perché le tue mansioni richiedono un alto livello di pulizia e il rispetto delle norme igienico-sanitarie.

Il CCNL dell’industria alimentare non dedica un articolo specifico al tempo tuta, quindi si applica l’interpretazione della giurisprudenza: se è il datore di lavoro a richiedere l’uso della divisa, allora il tempo per cambiarti va considerato come orario di lavoro effettivo.

Anche in questo settore, la contrattazione aziendale ha un ruolo importante per stabilire tempi e compensi, ma la prassi più diffusa è quella di includere il tempo tuta nell’orario ordinario, vista la stretta connessione con le norme HACCP e la sicurezza sul lavoro.

Tempo tuta infermieri

Il tema del tempo tuta per gli infermieri è da anni al centro del dibattito nel settore sanitario, soprattutto perché la vestizione ha un ruolo fondamentale in termini di igiene, sicurezza e prevenzione del rischio biologico.

Come infermiere, hai spesso l’obbligo di indossare la divisa o dei dispositivi di protezione prima di entrare nei reparti, seguendo procedure standardizzate e stabilite dalla struttura ospedaliera.

Tempo tuta commercio

Nel settore del commercio, il discorso sul tempo tuta è diverso rispetto a quello della sanità o dell’industria.

Anche se in molti casi ti viene richiesto di indossare una divisa aziendale, ad esempio nella grande distribuzione o nelle catene di negozi, di solito non si tratta di una vestizione complessa o obbligatoria nei dettagli.

Proprio per questo, il tempo che impieghi per cambiarti viene raramente considerato parte dell’orario di lavoro retribuito, salvo eccezioni particolari.

La differenza principale sta nel fatto che, mentre in fabbrica o in ospedale la divisa serve per motivi di sicurezza e igiene, nel commercio ha più che altro una funzione legata all’immagine aziendale e al decoro.

Tempo di vestizione retribuzione​

La regola generale è che indossare la divisa da lavoro fa parte delle attività che ti permettono di svolgere la tua professione.

Da questo si deduce che, in molti casi, il tempo che impieghi per vestirti è visto come un passaggio minimo necessario prima di iniziare a lavorare, ma non viene retribuito.

In queste situazioni, sei tu a decidere dove cambiarti, e puoi anche indossare la divisa a casa, prima di andare al lavoro.

Ci sono però casi diversi: quando è il datore di lavoro a richiedere obbligatoriamente l’uso della divisa, indicando dove e quando devi cambiarti, allora quel tempo diventa orario di lavoro.

Come affermato più volte anche dalla giurisprudenza, se ti viene imposto di cambiarti all’interno dell’azienda, seguendo istruzioni precise, hai diritto alla retribuzione per quel tempo.

La differenza sta tutta nel fatto che, in questo caso, le modalità e i tempi della vestizione non li scegli tu, ma ti vengono imposti dal datore di lavoro.

Tempo tuta: gli arretrati​

Il riconoscimento del tempo tuta come orario di lavoro effettivo può avere conseguenze anche sulla tua retribuzione, soprattutto se per anni hai svolto attività di vestizione o svestizione senza essere pagato.

In questi casi si può parlare di tempo tuta arretrati, cioè delle somme che il datore di lavoro potrebbe doverti versare come retribuzione non riconosciuta in passato.

La possibilità di ottenere questi arretrati dipende da vari elementi:

  • se esiste un obbligo formale in azienda sul cambio divisa;
  • se puoi dimostrare che ti cambiavi prima o dopo l’orario di lavoro;
  • se non ci sono accordi che regolavano diversamente la questione.

La giurisprudenza ha già condannato più volte le aziende al pagamento degli arretrati, quando è stato provato che il tempo tuta rientrava nell’orario lavorativo.

Attenzione: il recupero degli arretrati dipende da limiti di tempo (per esempio la prescrizione). Per questo motivo è importante che ti attivi il prima possibile, se vuoi fare valere i tuoi diritti.

Tempo tuta: sentenza di cassazione

Anche la Cassazione si è pronunciata sul tempo tuta. Con la sentenza n. 33937 del 5 dicembre 2023, la Sezione Lavoro della Corte ha chiarito che, in un rapporto di lavoro dipendente, il tempo che impieghi per indossare la divisa è da considerarsi orario di lavoro solo se c’è “eterodirezione”, cioè solo se il datore di lavoro te lo impone espressamente.

Questo significa che, anche se nella tua azienda ci sono spogliatoi o docce, non basta usarli per avere diritto alla retribuzione per quel tempo.

Hai diritto alla retribuzione solo se è il datore di lavoro a chiederti in modo chiaro di usare quei servizi come parte della tua attività lavorativa.

 

Leggi anche:

Infortunio in itinere: cosa significa e cosa è possibile fare?

Orario di lavoro: la normativa cosa ci dice?

Dormire sul lavoro può costare il licenziamento

Iscriviti alla nostra newsletter

Ricevi gratuitamente le ultime novità, le storie e gli approfondimenti sul mondo del lavoro.