La lavoratrice è protetta dal licenziamento fino a un anno dalla data del matrimonio, vediamo quali sono le casistiche e quali le conseguenze
È uno dei divieti meno conosciuti sia dai lavoratori sia dalle aziende. Nel nostro ordinamento esiste il divieto di licenziamento della lavoratrice per matrimonio e una presunzione di nullità. Decorre dal giorno delle pubblicazioni e fino a un anno dal matrimonio.
Si tratta di un divieto e una presunzione molto rischiosi per il datore di lavoro, che potrebbe non sapere se la dipendente si è sposata nell’ultimo anno oppure ha fatto le pubblicazioni.
È altrettanto rischioso perché opera in modo oggettivo, ossia a prescindere dal fatto che il datore sapesse o meno tale circostanza. Le conseguenze? Il licenziamento è nullo: reintegra e pagamento di tutte le retribuzioni dal recesso all’effettiva ripresa in servizio.
Accanto al divieto di licenziamento per maternità, il legislatore ha previsto il divieto di licenziare una lavoratrice che intende sposarsi o che ha celebrato da poco il matrimonio.
Entrambi hanno la stessa finalità: garantire il posto di lavoro alle dipendenti che intendono convolare a nozze e diventare genitori. In questo modo, le lavoratrici sono al riparo da eventuali espulsioni decise dall’azienda per il solo fatto di dover retribuire delle collaboratrici non presenti sul posto di lavoro.
Il divieto di licenziamento per matrimonio è previsto dall’articolo 35 del decreto legislativo 198 del 2006 che dice:
“Sono nulli i licenziamenti attuati a causa di matrimonio. Si presume che il licenziamento della dipendente nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio, in quanto segua la celebrazione, a un anno dopo la celebrazione”.
Non è un caso che questo divieto sia inserito all’interno del Decreto Legislativo 198/2006, denominato Codice delle Pari Opportunità tra Uomo e Donna.
Come visto, il periodo di presunzione va dal giorno delle pubblicazioni fino a un anno dalla celebrazione.
Inoltre, questo divieto opera in modo oggettivo, ossia a prescindere dal fatto che l’azienda sappia o meno che la dipendente si è sposata o che ha già eseguito le pubblicazioni.
Tuttavia, si tratta di una presunzione e non di un divieto assoluto. Significa che l’azienda può superare la potenziale illegittimità dimostrando che il licenziamento non è causato dal matrimonio, ma da altri motivi.
È lo stesso articolo 35 a prevedere che l’azienda abbia la possibilità di dimostrare che il licenziamento della lavoratrice “è stato effettuato non a causa di matrimonio, ma per una delle seguenti ipotesi:
Si tratta di un’ipotesi di licenziamento nullo. Le conseguenze sono quelle previste per i casi più gravi di licenziamento illegittimo: reintegra sul posto di lavoro e pagamento di tutte le retribuzioni dalla data del licenziamento fino all’effettiva ripresa in servizio.
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