La partita IVA è un codice identificativo dell’attività professionale di un lavoratore autonomo o di una società
La partita IVA è un codice di 11 cifre che identifica la tua attività da lavoratore o lavoratrice autonoma. Si basa sulle regole stabilite dal Testo Unico sull’IVA, che organizza tutto ciò che riguarda l’IVA e gli adempimenti connessi. La apri quando l’attività non è più occasionale e diventa abituale, ad esempio se sei professionista, freelance o piccolo imprenditore. Ti serve per emettere fatture, gestire i rapporti fiscali con l’Agenzia delle Entrate e per inquadrare l’attività con il codice Ateco.
La partita IVA nasce in ambito fiscale, ma oggi si usa anche per indicare alcune categorie di chi lavora in proprio. È un codice di 11 cifre che identifica una specifica attività professionale o imprenditoriale. Ogni codice corrisponde a una sola attività e a una sola persona o impresa.
Nel linguaggio comune “partita IVA” indica spesso libere professioniste e liberi professionisti, artigiane e artigiani e, in generale, chi svolge lavoro autonomo.
Ha uno scopo preciso. Serve a riconoscere la tua attività e a permetterti di gestire gli adempimenti fiscali con l’Agenzia delle Entrate. Quindi cos’è la partita IVA? È lo strumento essenziale se lavori in proprio.
L’apertura della partita IVA comporta una serie di obblighi che devi rispettare per evitare sanzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate. Per gestire al meglio questi adempimenti, ti consigliamo di affidarti ad un professionista.
Ecco in sintesi i principali obblighi e come funziona la partita IVA:
Un libero professionista senza partita IVA può lavorare solo se le prestazioni sono davvero occasionali, quindi non abituali e senza un’organizzazione stabile. In questi casi si usa la prestazione autonoma occasionale con ricevuta del compenso pattuito. Se in un anno superi 5.000 € di compensi, scatta l’iscrizione alla Gestione Separata INPS per i contributi.
Quando l’attività diventa continuativa, strutturata o ripetuta nel tempo, la legge richiede l’apertura della partita IVA, perché il lavoro non è più saltuario.
Esempi di lavoro autonomo davvero occasionale:
Come vedi, non conta il tipo di lavoro, ma se diventa abituale, organizzato o ripetuto. In quel caso devi aprire la partita IVA.
Avere la partita IVA ti dà diversi vantaggi, soprattutto se vuoi gestire il lavoro in autonomia.
Puoi fatturare a più clienti, scegliere il regime fiscale più adatto, organizzare il lavoro come preferisci e, se rientri nei requisiti, accedere al regime forfettario.
Dall’altra parte ci sono impegni precisi. Devi gestire obblighi contabili, versamenti fiscali periodici e costi di fatturazione, che diventano più strutturati in base al regime scelto. A questi si sommano i costi del commercialista e gli adempimenti contributivi, che ricadono su di te.
È quindi un equilibrio tra libertà professionale e responsabilità amministrative. Prima di aprire, valuta con attenzione le tue prospettive di lavoro e la sostenibilità dei costi.
Capire se l’assunzione con partita IVA conviene dipende dal tipo di rapporto e dalle condizioni reali di lavoro. In alcuni casi hai più flessibilità, autonomia sui tempi e puoi scaricare spese legate all’attività. Devi però fare molta attenzione a punti essenziali. Non hai le tutele tipiche del lavoro dipendente, quindi niente ferie pagate, coperture per malattia limitate, in alcuni casi niente maternità e niente contributi versati dal datore. È fondamentale capire se il rapporto è di fatto subordinato e viene solo mascherato con una partita IVA.
Se per partita IVA intendi le diverse forme di lavoro autonomo, puoi distinguere:
Dal punto di vista fiscale esistono due regimi principali:
La partita IVA ordinaria è pensata per attività più strutturate, con volumi d’affari alti, cioè oltre i limiti del forfettario. Richiede una contabilità più complessa con registri IVA e dichiarazioni periodiche, ma ti dà più libertà sui costi perché puoi detrarre l’IVA sugli acquisti e dedurre le spese legate all’attività.
Capire come funziona vuol dire tenere conto di tassazione, registrazioni contabili e conservazione dei documenti.
Ricorda che la tassazione dei compensi in regime ordinario segue le aliquote IRPEF standard, di solito più alte rispetto ai regimi con tassazione agevolata.
La partita IVA in regime forfettario è una versione semplificata della partita IVA. Puoi usarla se sei un o una professionista con fatturato annuo fino a 85.000 €; si parla di un possibile aumento a 100.000 €, ma per ora il limite resta 85.000 €.
Hai meno adempimenti rispetto al regime ordinario: non indichi l’IVA in fattura, non presenti la dichiarazione IVA e non fai le liquidazioni, perché l’IVA non si applica.
Sul reddito si paga un’imposta sostitutivaÈ un prelievo che si applica alla fonte su taluni redditi (ad es. interessi sui conti correnti bancari o postali che non sono relativi all’attività d’impresa, interessi sui BOT o altri titoli di debito pubblico); i redditi soggetti a imposta sostitutiva, come quelli a tassazione separata, sono esclusi dalla base imponibile. More del 15% calcolata in modo forfettario in base al tuo settore, con riduzione al 5% per le nuove attività.
C’è però uno svantaggio importante: con il forfettario non puoi “scaricare” i costi della tua attività né detrarre l’IVA sugli acquisti.
Aprire una partita IVA da libero professionista o una partita IVA da ditta individuale non è la stessa cosa e la scelta dipende dal tipo di attività che vuoi avviare.
Se sei libero o libera professionista offri il tuo lavoro senza una struttura organizzata, svolgendo un’attività di tipo intellettuale, per esempio una consulenza o l’elaborazione di un documento.
La ditta individuale è un’attività svolta in forma d’impresa. In questo caso c’è una gestione più articolata, possibili dipendenti, attrezzature e un’organizzazione del lavoro di solito più strutturata.
Entrambe le forme restano a responsabilità personale, ma cambiano adempimenti, codici Ateco e gestione dei costi. La cosa importante è capire qual è l’inquadramento più adatto alla tua attività.
Il codice ATECO è una sequenza di numeri creata dall’ISTAT che identifica il tuo settore di attività. Per trovare il codice ATECO giusto devi avere chiaro cosa fai davvero ogni giorno. Puoi verificare sul sito ISTAT o dell’Agenzia delle Entrate e, se hai dubbi, chiedi supporto a un professionista.
Se svolgi più attività indichi quella prevalente, cioè quella che genera più fatturato oppure, se gli importi sono simili, quella che ti impegna più tempo. Puoi aggiungere anche un codice secondario.
La scelta del codice ATECO è decisiva perché ha effetti concreti:
Puoi fare la ricerca partita IVA usando i servizi online dell’Agenzia delle Entrate, che ti dicono se il numero è valido e qual è l’attività collegata. Cercare una partita IVA da nome e cognome è invece molto difficile, perché i dati anagrafici non sono pubblici per ragioni di privacy.
Se vuoi fare una verifica partita IVA o trovare la partita IVA partendo dal nome dell’impresa, puoi usare il sito di InfoCamere. Puoi anche registrarti per avere più contenuti disponibili. Con pochi € ottieni e stampi la visura camerale dell’attività, con tutte le informazioni su natura, composizione e riferimenti dell’impresa.
La verifica di una partita IVA estera dipende dal Paese. Per le partite IVA dei Paesi UE puoi usare VIES della Commissione europea e controlli subito se è valida. Se ti serve una partita IVA spagnola, passi sempre da VIES perché rientra nel sistema comunitario. Diverso il caso della Svizzera: non fa parte dell’UE, quindi utilizzi i registri ufficiali svizzeri nel portale dedicato. Qui la partita IVA include anche un codice IDI, che si affianca al numero IVA.
Il certificato di attribuzione della partita IVA è il documento con cui l’Agenzia delle Entrate conferma l’apertura della tua posizione fiscale. Riporta i dati essenziali dell’attività, come numero di partita IVA, codice Ateco e dati anagrafici del titolare. Viene generato quando ti assegnano il numero identificativo e puoi richiederlo in qualsiasi momento online oppure agli sportelli. Ti è utile per dimostrare l’esistenza della tua attività nei rapporti con clienti, fornitori, banche e Pubbliche Amministrazioni, perché attesta in modo ufficiale l’iscrizione ai fini IVA.
In caso di interruzione di un rapporto con partita IVA, puoi accedere a una forma di sostegno che assomiglia alla Naspi, chiamata ISCRO (Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa), se la tua gestione è affidata all’INPS.
Questa indennità può essere richiesta se, nell’anno precedente alla domanda, hai avuto:
L’indennità ISCRO viene data per un massimo di sei mensilità.
Se invece stai già percependo la Naspi come persona disoccupata, puoi iniziare a lavorare e continuare a riceverla in due casi specifici:
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