Prolungamento periodo di comporto: è possibile chiedere le ferie?

Scopri tutti i diritti e le possibilità del dipendente in malattia per conservare il proprio posto di lavoro

È possibile per un lavoratore in malattia usufruire delle ferie maturate? Quella che a prima vista potrebbe sembrare una domanda poco sensata può rivelarsi in realtà una strategia utile per conservare il proprio posto di lavoro

Utilizzando le ferie a propria disposizione, infatti, sarebbe possibile interrompere il cosiddetto “periodo di comporto”, allungando di conseguenza l’arco temporale oltre il quale il dipendente in malattia non avrà più diritto alla conservazione del posto di lavoro

Per rispondere a questa domanda occorre tuttavia fare un piccolo passo indietro: cosa si intende con questo termine? Ogni lavoratore in malattia ha diritto a mantenere il proprio posto di lavoro e a percepire le indennità previste dalla legge e dal contratto collettivo. Questo periodo di “tutela” è definito, appunto, “comporto”: la sua specifica durata (e le eventuali eccezioni) dipenderanno dal singolo contratto collettivo nazionale.

È possibile chiedere le ferie durante il periodo di comporto?

La domanda posta all’inizio non può che trovare risposta affermativa: il lavoratore in malattia può effettivamente chiedere all’azienda di fruire delle ferie accumulate. Come anticipato, tale richiesta potrebbe rivelarsi sensata nel caso in cui il periodo stia per terminare, così da consentire al dipendente di poter mantenere il proprio posto di lavoro.

Che cosa succede se si utilizzano le ferie in malattia?

Per comprendere meglio questa eventualità, facciamo un esempio concreto: un lavoratore è in malattia da 165 giorni consecutivi, mentre il suo contratto collettivo prevede la conservazione del posto per 180 giorni di assenza. L’uomo, certo di guarire nel giro di 30 giorni, potrebbe rischiare il licenziamento se si assentasse per oltre 15 giorni – ossia oltre la durata residua del periodo di comporto.

Poniamo il caso che lo stesso lavoratore abbia ferie arretrate per 45 giorni che non abbia mai utilizzato e decida di chiedere di utilizzarle tutte in un unico momento: se l’azienda dovesse accettare, i successivi 45 giorni non sarebbero più un periodo di malattia, ma giorni di ferie. In questo modo, il dipendente potrà curare la propria patologia e fare rientro al lavoro senza il rischio di superare il periodo di comporto.

L’aspettativa non retribuita

Un altro modo per assicurare il mantenimento del posto di lavoro è l’aspettativa non retribuita, un diritto previsto dalla maggior parte dei contratti collettivi nazionali

In questo caso, il dipendente può informare l’azienda di voler usufruire di un’aspettativa non retribuita. Naturalmente, la richiesta andrà effettuata nei termini previsti da ciascun contratto collettivo

Se approvata, una volta terminato il comporto il dipendente avrà diritto alla conservazione del posto per il periodo corrispondente all’aspettativa, senza tuttavia percepire alcuna retribuzione.

In alcuni dei principali contratti collettivi nazionali, il periodo di aspettativa non retribuita ha le seguenti durate:

  • Contratto commercio/terziario: 120 giorni + altri 12 mesi in caso di terapie salvavita.
  • Contratto metalmeccanica: 24 mesi.
  • Contratto logistica-trasporto: 6 mesi.

L’azienda può rifiutare le ferie o l’aspettativa non retribuita?

Mentre l’aspettativa non retribuita è, come detto, un vero e proprio diritto del lavoratore – e pertanto l’azienda non ha facoltà di rifiutare tale richiesta – il datore di lavoro potrebbe effettivamente non concedere le ferie a un dipendente in malattia.

Con la sentenza numero 26997 del 21 settembre 2023, la Corte di Cassazione ha recentemente valutato proprio un caso in cui si discuteva del diritto dell’azienda a negare le ferie al dipendente ammalato. Nella sentenza in questione si legge che “il lavoratore assente per malattia ha facoltà di domandare la fruizione delle ferie maturate e non godute, allo scopo di sospendere il decorso del periodo di comporto, non sussistendo una incompatibilità assoluta tra malattia e ferie”. 

Tuttavia, precisa la Suprema Corte, prima di decidere se negare le ferie l’azienda “è tenuta a una considerazione e a una valutazione adeguata alla posizione del lavoratore in quanto esposto, appunto, alla perdita del posto di lavoro con la scadenza del comporto”.

In ogni caso, il rifiuto delle ferie deve essere sempre adeguatamente motivato. A tal proposito, ricorda la Corte di Cassazione, non c’è alcun obbligo a carico dell’azienda di concedere le ferie nel caso  in cui “il lavoratore abbia la possibilità di fruire e beneficiare di regolamentazioni legali o contrattuali che gli consentano di evitare la risoluzione del rapporto per superamento del periodo di comporto, e in particolare quando le parti sociali abbiano convenuto e previsto, a tal fine, il collocamento in aspettativa, pur non retribuita”.

 

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