Smart working, il lavoratore può opporsi?

Smart Working: il lavoratore può opporsi?
(foto Shutterstock)

La verità sul lavoro agile tra imposizioni, condivisioni, opportunità

«L’Azienda mi ha messo in smart working» è una delle frasi più ricorrenti negli ultimi due anni. A volte accompagnata da una vena di rassegnazione e impotenza. 

Qual è la premessa giuridica di questa affermazione? Il lavoratore deve subire le imposizioni del datore di lavoro o può opporsi alla decisione di lavorare in smart working?

Il vero lavoro agile: niente orari e luoghi di lavoro

Chiariamo subito un aspetto: lo smart working originale, come inteso dal legislatore, non è quello sperimentato durante i due anni di pandemia. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una forma di «lavoro domestico» più che alla manifestazione più autentica del lavoro agile. 

Imporre orari di lavoro e vincoli di disponibilità/reperibilità mal si concilia con il vero lavoro agile. Infatti, secondo l’art. 18 del decreto legislativo 81 del 2017, che disciplina la materia, il lavoro agile si deve svolgere «senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro».

Cosa dice la legge sul lavoro agile?

La legge è molto chiara: la modalità di lavoro agile può essere prevista solo con l’accordo tra azienda e lavoratore. Nella sua versione originale, il lavoro agile non è unimposizione dell’azienda, ma è una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa concordata tra impresa e lavoratore, proprio perché nella versione originale il lavoro agile non prevede alcun vincolo di orari e di luoghi di lavoro. Ciò significa che, una volta tornati alla normalità, il lavoratore può opporsi e negare il proprio consenso al lavoro agile.

Smart working, fino a quando?

Fino al 31 dicembre 2022 ha trovato applicazione lo smart working semplificato. Si è trattato della forma di lavoro agile introdotta dalla normativa emergenziale.

La principale deroga è stata rappresentata proprio dalla possibilità per le aziende di imporre unilateralmente il lavoro agile ai propri dipendenti.

 In tutti questi casi, il lavoratore poteva opporsi solo in casi eccezionali: quando la decisione ha un intento ritorsivo o discriminatorio oppure nel caso in cui la prestazione sia impossibile da eseguire da remoto.

 In questi casi, il lavoratore avrebbe potuto teoricamente impugnare la decisione datoriale.

Tuttavia, dal 1 gennaio 2023 è tornata in vigore la disciplina ordinaria che prevede come principio fondamentale l’accordo tra lavoratore e azienda. Ciò significa che il dipendente può legittimamente manifestare il proprio dissenso rispetto alla proposta aziendale, senza possibilità di ripercussioni disciplinari.

Protocollo Smart Working 

Governo, imprese e sindacati si sono già confrontati sull’organizzazione del lavoro agile al termine dell’emergenza pandemica. A dicembre 2021 è stato firmato un Protocollo con le linee guida comuni su tutti gli aspetti del nuovo lavoro agile.

Sotto questo aspetto, il Protocollo ribadisce lobbligatorietà dell’accordo scritto tra azienda e lavoratore. Significa che, con la fine dello smart working semplificato, il dipendente può opporsi alla proposta dell’azienda di lavorare da remoto.

 

 

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