Lo smart working è una modalità di lavoro che è ormai entrata nella vita di tanti cittadini: ecco come funziona
Negli ultimi anni tutti abbiamo cominciato a familiarizzare con questa nuova modalità di lavorare.
Il lavoro agile o “smart working” è un nuovo modo di lavorare, caratterizzato dall’assenza di precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro. È stato introdotto dal decreto legislativo 81/2017 e si fonda sull’accordo tra lavoratore dipendente e datore di lavoro.
Cos’è lo smart working? Non è un nuovo tipo di contratto di lavoro, ma una modalità alternativa di lavorare che viene stabilita dal contratto di assunzione e dal contratto collettivo applicata in azienda.
Cosa significa smart working? Secondo la definizione della normativa, lo smart working è una modalità di rendere la prestazione lavorativa senza vincoli di luogo e di orario.
Dunque, nella sua definizione più rigorosa, il vero smart working significa lavorare quando e dove si vuole, sempre però nel rispetto delle ore giornaliere e settimanali previste dal contratto di lavoro. Dopo il periodo transitorio della pandemia, dal 1° aprile 2024 si è tornati alla disciplina ordinaria: per lavorare in smart working è sempre necessario un accordo specifico tra te e il datore di lavoro.
La disciplina dello smart working è contenuta nel decreto legislativo numero 81 del 2017 che detta le regole per lo smart working.
A partire dal 1° aprile 2024 è ritornata in vigore la disciplina ordinaria, senza eccezioni e deroghe riservate a particolari categorie di lavoratori. Le regole per lo smart working sono poche e molto semplici e spesso le aziende integrano le disciplina ordinaria con proprie regole per lo smart working aziendale.
Vediamo le regole principali smart working previste dalla legislazione nazionale:
Assolutamente no, se sei in malattia non puoi lavorare in smart working.
Il fatto che si lavori da casa non significa che si lavori meno o in modalità meno concentrata. Il fatto di non dover uscire di casa e, quindi che si possa lavorare con il pc dal divano o dal proprio letto, non consente comunque di poter lavorare se sei in malattia.
Anche se potresti svolgere le tue mansioni da casa, in caso di malattia non è consentito lavorare, nemmeno in smart working.
Per il 2025 non c’è alcuna novità rilevante, rimane in vigore la disciplina ordinaria senza particolari deroghe.
Dunque, per tutto l’anno 2025, per poter lavorare in smart working è sempre necessario l’accordo tra lavoratore e azienda. Questa particolare modalità di lavorare non può essere imposta unilateralmente dal datore di lavoro, né pretesa dal dipendente: ormai da aprile 2024, da quando non è stata più approvata la proroga della disciplina speciale, non c’è più alcun diritto allo smart working, nemmeno per i lavoratori fragili.
Il telelavoro è un ordinario rapporto di lavoro, con una caratteristica speciale: il luogo di lavoro non è l’azienda, ma la propria abitazione.
A differenza dello smart working, il telelavoro prevede orari precisi e turni stabiliti. Invece, il vero smart working prevede che, all’interno dell’orario giornaliero e settimanale, il lavoratore possa lavorare quando e dove vuole.
Per questo motivo, spesso si parla impropriamente di smart working: se il dipendente lavora da casa e deve osservare determinati turni, non è vero smart working, ma telelavoro. La differenza tra telelavoro e smart working è proprio la libertà, o meglio il diritto di poter lavorare quando e dove si vuole: se l’azienda ti vincola con turni e orari precisi, non è smart working ma telelavoro.
I vantaggi dello smart working sono parecchi, in primo luogo l’attività lavorativa stessa ottiene grande flessibilità e autonomia, permettendo di conciliare al meglio i tempi di vita e di lavoro.
Infatti, con lo smart working puoi scegliere luogo, orari e strumenti per svolgere parte del tuo lavoro al di fuori delle mura aziendali, grazie anche alla possibilità di usare strumenti tecnologici di connessione con la sede principale.
Tutto questo porta a sentirsi più responsabili degli obiettivi, aumentando la consapevolezza del proprio lavoro e la soddisfazione per i risultati.
E gli svantaggi dello smart working? Dalla recente esperienza si può affermare che l’attività lavorativa da remoto può comportare una sensazione di “isolamento” rispetto all’ambiente aziendale.
Inoltre, se non viene riconosciuto un effettivo diritto alla disconnessione, il rischio principale è quello di una confusione e continua commistione tra lavoro e vita privata.
Poniamo il caso che le mansioni possano essere svolte da casa: puoi pretendere di lavorare da remoto? La risposta è no. Secondo la disciplina generale non esiste alcun diritto a lavorare in modalità agile.
Durante la fase pandemica, per alcune categorie di lavoratori era stato introdotto un vero e proprio diritto allo smart working.
Sono stati i lavoratori fragili e i lavoratori genitori di figli under 14, che fino al 31 marzo 2024 potevano farlo senza dover sottoscrivere un accordo individuale. Dal 1° aprile 2024, però, anche queste categorie di lavoratori rientrano nella disciplina ordinaria, quindi di fatto non esiste più un diritto allo smart working nemmeno per i lavoratori fragili.
Le motivazioni per poter richiedere lo smart working possono essere molteplici e dipendono dalle caratteristiche di ciascuna realtà aziendale.
C’è però una regola che vale per tutti i casi: la prestazione lavorativa deve poter essere svolta anche da remoto. In altri termini, per poter chiedere lo smart working, la prima motivazione deve riguardare la possibilità di svolgere l’attività da remoto.
Dunque il primo dei motivi per richiedere smart working deve evidenziare la possibilità concreta di lavorare da remoto. Se non è possibile, ad esempio perché il lavoro richiede l’utilizzo di macchinari o il contatto con clienti nel punto vendita, è inutile cercare ulteriori motivazioni.
Se invece è possibile svolgere le mansioni da remoto, altre motivazioni per chiedere lo smart working possono essere:
Nel caso si tratti della prima occasione di smart working, è opportuno motivare la richiesta come un periodo sperimentale e magari limitato a solo alcuni giorni a settimana, in modo da consentire all’azienda di capire che anche con tale modalità lavorativa, la produttività non viene alterata.
Le lavoratrici in maternità non hanno diritto allo smart working. Tuttavia, se non esiste più un vero e proprio diritto allo smart working, la legge riconosce una priorità ad alcune categorie di dipendenti nel caso in cui l’azienda decida di proporre una simile modalità lavorativa.
A tal proposito, i datori di lavoro sono tenuti a riconoscere priorità alle richieste di smart working formulate da:
Se non esiste il diritto, non esiste nemmeno un obbligo di smart working. Come visto, dal 1° aprile 2024 le regole sono uguali per tutti e per poter usufruire di questa modalità è sempre necessario l’accordo tra lavoratore e azienda.
Questo significa che, a differenza di quanto è accaduto durante la pandemia, l’azienda non può più importi, in modo unilaterale, il lavoro agile, ma è sempre necessario l’accordo tra le due parti.
In sintesi: nessun diritto a lavorare da remoto e nessun obbligo di rispettare l’eventuale imposizione dell’azienda. Tradotto: senza accordo, niente lavoro agile.
Innanzitutto, anche in smart working l’azienda deve continuare a rispettare gli obblighi previsti dalla disciplina generale prevista per il lavoro subordinato.
Dunque, sotto questo profilo nulla cambia per il datore di lavoro.
A questi obblighi, tuttavia, si aggiungono alcune previsioni particolari previste proprio per lo smart working. Ad esempio, il datore di lavoro è sempre responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici che ti affida per lo svolgimento del tuo lavoro.
Inoltre, sempre per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro, l’azienda deve trasmettere un’informativa sulla sicurezza e sui rischi generali e specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro.
L’accordo stabilisce anche le modalità con cui il datore di lavoro può esercitare il potere di controllo sul tuo lavoro svolto all’esterno delle mura aziendali e individua i comportamenti che potrebbero portare a sanzioni disciplinari.
Vengono, inoltre, fissate le fasce orarie in cui puoi disconnetterti dagli strumenti tecnologici di lavoro e le misure tecniche a ciò necessarie, per evitare che tu debba rimanere continuamente connesso con la sede aziendale.
Sì, il datore di lavoro rimane responsabile della tua salute e della tua sicurezza, individuando i rischi collegati alle particolari modalità di esecuzione del rapporto e predisponendo le necessarie misure di prevenzione.
Rimane garantito, per di più, il diritto all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali connesse al lavoro svolto fuori dall’ufficio o dalla sede aziendale.
Specifichiamo che non cambia nulla rispetto al lavoro in sede. La retribuzione deve corrispondere a quella stabilita dal contratto collettivo per i lavoratori che svolgono le stesse mansioni all’interno dell’azienda.
Quindi, se ti chiedi se con lo smart working si guadagna di meno, la risposta di norma è no. In alcuni casi può capitare che tu non possa fare del lavoro straordinario e quindi possa ritrovarti con una busta paga più “leggera”, ma la retribuzione ordinaria è la stessa del lavoro in presenza.
Il lavoratore in smart working ha diritto ai buoni pasto solo se previsto dal contratto collettivo, da un accordo aziendale, oppure nel caso in cui l’azienda voglia comunque attribuirli ai propri lavoratori. Diversamente, il dipendente in smart working non ha diritto ai buoni pasto.
La tematica dei buoni pasto è stata una delle prime rivendicazioni avanzate all’indomani dello smart working di massa adottato all’inizio della pandemia.
I buoni pasto servono a “rimborsare” al dipendente i costi per il pranzo (o per la spesa) nel caso in cui l’azienda non abbia un proprio servizio mensa: ma se il lavoratore è a casa, e dunque può utilizzare la propria cucina, ha comunque diritto ai buoni pasto? Il Tribunale di Venezia è stato il primo a pronunciarsi su questo tema e ha negato il diritto ai buoni pasto a favore dei lavoratori in smart working.
Il contratto smart working, o meglio l’accordo sullo smart working deve essere stipulato per iscritto da azienda e lavoratore.
Con la sottoscrizione dell’accordo smart working, l’azienda deve fornire al dipendente anche le informative sulla sicurezza e sui rischi del lavoro da remoto e l’informativa su eventuali possibili controlli a distanza.
In molti casi, le aziende adottano un regolamento sullo smart working: in questi casi l’accordo sullo smart working deve riportare il regolamento o deve indicare dove è possibile consultare il regolamento smart working aziendale.
Se tu e l’azienda avete sottoscritto l’accordo per lo smart working, la procedura per attivarlo è molto semplice, al contrario del passato. Infatti, il datore ha l’obbligo di trasmettere, entro i 5 giorni successivi all’inizio del lavoro in modalità agile, la comunicazione di avvio tramite l’applicativo che si trova all’interno del portale Servizi Lavoro. Una volta compiuta questa operazione, lo smart working può iniziare.
Sì, è possibile lavorare in smart working in Italia per un’azienda estera. Tuttavia è opportuno rivolgersi al proprio commercialista per capire a quale regime di tassazione è sottoposto il reddito da lavoro prodotto in Italia ma a favore di un’azienda estera.
Leggi anche: