Quando l’assenza ingiustificata indica dimissioni del lavoratore

Quando l’assenza ingiustificata è sinonimo di dimissioni del lavoratore
(foto Shutterstock)

La risoluzione del rapporto di lavoro «per fatti concludenti» evita all'azienda di attuare un licenziamento per assenza ingiustificata

Secondo una recente sentenza del Tribunale di Udine, il comportamento della lavoratrice che si assenta – per mesi – dal posto di lavoro senza fornire alcuna giustificazione e senza nemmeno rispondere alle comunicazioni dell’azienda, equivale a dimissioni volontarie.

Le conseguenze? Niente indennità di disoccupazione e impossibilità di tornare a lavorare in azienda.

Il caso

Non è mai tornata al lavoro dopo le vacanze di Natale. È rimasta assente ininterrottamente per sei mesi. 

Nonostante gli inviti della società a fornire le giustificazioni della sua assenza, la lavoratrice non ha mai risposto. Alla fine, la società ha invitato la dipendente a dimettersi, allegando il modulo per la conferma delle dimissioni.

Preso atto del mancato riscontro, l’azienda ha comunicato al Centro per l’Impiego l’intervenuta risoluzione del rapporto per dimissioni  della lavoratrice.

E all’improvviso, il colpo di teatro: la dipendente impugna la risoluzione del contratto, invoca l’illegittimità della modalità con cui si è concluso il rapporto, chiede di essere riammessa in servizio e il pagamento di tutte le retribuzioni nel frattempo maturate.

Cosa succede se un dipendente sparisce?

Le dimissioni sono l’atto con cui un dipendente pone fine al proprio rapporto di lavoro.

In gergo si dice «mi sono licenziato», ma non è un’espressione corretta: tecnicamente si deve parlare di dimissioni. 

Le dimissioni possono essere a-casuali e con preavviso oppure per giusta causa, senza preavviso, nel caso di inadempimenti del datore di lavoro. 

Nella quasi totalità dei casi vengono comunicate espressamente all’azienda. Può succedere, tuttavia, come nel caso esaminato, che il lavoratore si dimetta «per fatti concludenti», ossia senza inviare alcuna comunicazione al datore. 

In quali casi si verificano le dimissioni di fatto?

Il Tribunale di Udine ha applicato gli insegnamenti della Corte di Cassazione, secondo cui per la configurazione di questa ipotesi non è sufficiente la semplice assenza ingiustificata dal lavoro, ma è sempre necessaria una «indagine particolarmente rigorosa» di tutti gli aspetti in concreto.

Nel caso di specie sono stati valorizzati questi elementi:

  • il mancato rientro dopo le ferie e l’assenza protrattasi ininterrottamente per sei mesi
  • l’intenzione, espressa
  • l’assenza di qualsivoglia giustificazione
  • il rifiuto di rispondere a tutte le comunicazioni inviate dalla società.

Non è necessaria la convalida delle dimissioni di fatto

Accertato che la volontà della lavoratrice era quella di lasciare il posto di lavoro e che altrettanto avrebbe deciso la società, il Tribunale di Udine ha ritenuto che in questo caso non fosse necessaria la convalida delle dimissioni. 

La lavoratrice, nel proprio ricorso, ha sostenuto infatti l’illegittima cessazione del rapporto per il mancato rispetto della procedura di convalida delle dimissioni unilaterali o della risoluzione consensuale, che va effettuata in via telematica o, in alcuni casi, personalmente presso l’ispettorato del lavoro.

Il Tribunale ha dato torto alla lavoratrice, confermando che in tutti i casi di dimissioni di fatto non si applica la disciplina della conferma.

Niente disoccupazione in caso di dimissioni di fatto

Il Tribunale motiva la propria decisione anche sulla base di un ulteriore aspetto: in caso di dipendente dimissionario di fatto non si può obbligare la società a risolvere il rapporto solo ed esclusivamente con un licenziamento per giusta causa per assenza ingiustificata.

Diversamente, si obbligherebbe la società a prendere una decisione che la esporrebbe a rischi (l’impugnazione) e oneri (il ticket licenziamento) ingiustificabili.

 Dall’altra parte, il lavoratore, in caso di licenziamento per giusta causa, potrebbe percepire la NASpI che, invece, non spetta in caso di dimissioni volontarie, come quelle per fatti concludenti.

 

 

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