L’Agenzia delle Entrate ha fornito le indicazioni per tassare le mance dei camerieri lasciate dai clienti
Anche se in Italia la mancia per camerieri e baristi non è una consuetudine, spesso capita che i clienti più generosi lascino qualche “ricompensa” ai lavoratori di hotel e ristoranti. Come vengono tassate queste somme? Sono tutte esentasse oppure il dipendente deve pagare le imposte?
La legge di bilancio 2023 ha previsto una speciale tassazione di favore per le mance dei camerieri. L’Agenzia delle Entrate, con la circolare 26/e del 29 agosto 2023 ha chiarito chi sono i beneficiari e offerto alcune utili istruzioni.
La nuova normativa non si applica a tutti i lavoratori, riguarda solo dei settori specifici. La legge di Bilancio per il 2023 prevede una tassazione sostitutiva del 5% sugli importi percepiti come mance solamente per i dipendenti di:
I lavoratori dei settori che abbiamo appena citato possono godere di una tassazione agevolata sulle mance dei camerieri.
Prima di tutto però ricordiamo che, ai sensi della normativa fiscale, tutte le somme che la persona con lavoro dipendente percepisce nel rapporto lavorativo, anche quelle “a titolo di liberalità” (per esempio appunto le mance dei clienti), costituiscono reddito da lavoro dipendente e sono soggette alle aliquote di legge.
La norma di cui parliamo in questo articolo quindi rappresenta un’eccezione alla regola: le mance, pur rientrando nei redditi da lavoro, “sono soggette a un’imposta sostitutivaÈ un prelievo che si applica alla fonte su taluni redditi (ad es. interessi sui conti correnti bancari o postali che non sono relativi all’attività d’impresa, interessi sui BOT o altri titoli di debito pubblico); i redditi soggetti a imposta sostitutiva, come quelli a tassazione separata, sono esclusi dalla base imponibile. More dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali con l’aliquota del 5%”.
Attenzione, però, è previsto un limite a questa imposta sostitutiva: la tassazione agevolata vale “entro il limite del 25% del reddito percepito nell’anno”. L’Agenzia delle Entrate ha precisato che si tratta di una franchigia, quindi se si supera questa soglia “solo la parte eccedente il limite deve essere assoggettata a tassazione ordinaria”.
L’importo ricevuto come “gesto di liberalità” è escluso dalla retribuzione imponibile per il calcolo dei contributi INPS e INAIL. Inoltre, non va a formare la retribuzione utile ai fini del computo del TFR.
L’Agenzia delle Entrate precisa invece che questi importi vengono considerati tutte le volte in cui, per il riconoscimento di alcuni benefici, si fa riferimento “al possesso di requisiti reddituali”.
È stato previsto un preciso limite per poter godere di questa imposta sostitutiva: ne hanno diritto solo i lavoratori con un reddito da lavoro dipendente non superiore a 50.000 euro.
Ecco le indicazioni della circolare 26/e dell’Agenzia delle Entrate:
Nel caso in cui, nell’anno precedente, il dipendente abbia avuto rapporti di lavoro anche con altre aziende, ha l’obbligo di informare l’azienda attuale sull’ammontare delle retribuzioni, per poter controllare che sia rispettato il limite di reddito per la tassazione agevolata.
Si, il lavoratore può anche rinunciare a questa imposta e pagare le imposte con l’aliquota ordinaria. Si tratta di casi marginali, ma è comunque possibile rinunciare a tale agevolazione.
Come spiega l’Agenzia delle Entrate, “la tassazione sostitutiva è il regime naturale di tassazione delle mance, alle condizioni sopra indicate, essendo possibile l’applicazione dell’ordinario regime di tassazione solo in caso di rinuncia scritta del lavoratore”. Se si rinuncia, dunque, le mance ricevute vengono tassate con le aliquote ordinarie.
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