Licenziamento e maternità: quali sono i divieti e le deroghe?

Licenziamento maternità
(foto Shutterstock)

Durante la maternità non puoi essere licenziata, in caso contrario hai diritto al reintegro

La legge stabilisce un periodo preciso in cui non puoi essere licenziata come lavoratrice in maternità. Durante questo periodo, ogni licenziamento è considerato illegittimo.

Anche fuori da questo periodo, se il motivo del licenziamento è la tua gravidanza o maternità, il licenziamento è sempre nullo. In questo caso, hai diritto a tornare al tuo posto di lavoro e a ricevere gli stipendi e i contributi relativi al periodo tra il licenziamento e il tuo rientro in azienda.

Ci sono però delle eccezioni: ad esempio, il licenziamento è consentito se c’è una giusta causa o se l’attività dell’azienda chiude definitivamente.

Licenziamento e maternità: come funziona 

Se sei una lavoratrice in gravidanza o in maternità, la legge ti tutela e vieta che tu venga licenziata. Il licenziamento durante questo periodo è considerato nullo. Il Decreto Legislativo 151/2001, chiamato “Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”, stabilisce all’articolo 54 che non puoi essere licenziata dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.

Il divieto di licenziamento non si limita alla nascita di un figlio, ma si estende anche a situazioni simili riconosciute dalla legge, come:

  • adozione: fino a un anno dall’ingresso del minore nella tua famiglia;
  • aborto: se avviene dopo il 180° giorno dall’inizio della gravidanza, è considerato alla pari del parto e si applicano le stesse tutele previste dall’art. 54 del d.lgs. 151/2001;
  • congedo parentale: se richiedi il congedo per malattia del bambino, sei ugualmente protetta.

Maternità anticipata e licenziamento 

Il divieto di licenziamento scatta fin dall’inizio della gravidanza e vale in tutte le situazioni di maternità, compresa la maternità anticipata. Si tratta di un divieto assoluto, che entra in vigore semplicemente con il fatto che tu sia incinta, indipendentemente da altre circostanze.

E se l’azienda non sapeva della tua gravidanza? La legge stabilisce che il divieto è valido anche in questo caso. Basta che tu fornisca al datore di lavoro un certificato che dimostri che eri incinta al momento del licenziamento. Questo è sufficiente per rendere nullo il licenziamento.

Lo stesso principio vale se hai richiesto la maternità anticipata: il divieto è comunque pienamente valido e nessuna lavoratrice può essere licenziata per aver fatto questa richiesta.

Maternità facoltativa e licenziamento 

La maternità facoltativa, oggi chiamata congedo parentale, è un diritto che ti permette di richiedere un periodo di astensione dal lavoro dopo la maternità obbligatoria. Questo periodo può durare fino a un massimo di 10 mesi, che diventano 11 se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per almeno tre mesi, in modo continuativo o frazionato, alternandosi con te.

Come abbiamo visto, il licenziamento è nullo per legge dall’inizio della gravidanza fino al compimento del primo anno di età del bambino. Questo significa che una parte del periodo di congedo parentale è coperta dal divieto di licenziamento.

Cosa succede se il licenziamento avviene dopo la scadenza di questo periodo o al tuo rientro al lavoro dopo la maternità obbligatoria?

In questi casi, il licenziamento è comunque nullo, ma dovrai dimostrare che le motivazioni del licenziamento sono legate al fatto che sei diventata madre da poco.

In altre parole:

  • durante il periodo tutelato, il licenziamento è automaticamente nullo e basta dimostrare che eri incinta o che sei madre per ottenere la reintegrazione;
  • dopo la fine del periodo tutelato, spetta a te dimostrare, con documenti o testimoni, che le ragioni dell’azienda sono legate alla gravidanza, alla nascita o alla richiesta di congedo parentale.

Quali sono le conseguenze

Se vieni licenziata durante il cosiddetto “periodo protetto”, hai diritto alla tutela più forte prevista dalla legge: il reintegro sul posto di lavoro e il pagamento di tutte le retribuzioni che avresti maturato dal giorno del licenziamento fino al tuo rientro in azienda.

Se non desideri tornare al lavoro, puoi chiedere un’indennità sostitutiva del reintegro, oltre a ricevere comunque gli stipendi maturati nel frattempo.

Queste tutele valgono per tutte le aziende, indipendentemente dalle loro dimensioni. Questo significa che il diritto al reintegro è pienamente riconosciuto anche se lavori, ad esempio, in una piccola ditta con un’unica lavoratrice.

Le eccezioni al divieto di licenziamento della lavoratrice in maternità

La legge permette il licenziamento di lavoratrici in gravidanza o da poco madri solo in alcune situazioni specifiche:

  • colpa grave: deve trattarsi di un comportamento molto grave, valutato considerando anche il tuo stato fisico e mentale legato alla gravidanza. Ad esempio, se rientri al lavoro e vieni sorpresa a rubare merce dall’azienda;
  • cessazione dell’attività aziendale: il licenziamento è ammesso solo se l’azienda chiude definitivamente. Non basta che ci sia un rischio di chiusura;
  • scadenza di un contratto a tempo determinato: se hai un contratto a termine, il rapporto di lavoro termina alla scadenza naturale del contratto;
  • mancato superamento del periodo di prova: se non superi il periodo di prova previsto dal contratto, il datore di lavoro può decidere di interrompere il rapporto.

Licenziamento in maternità e naspi 

La normativa sulla maternità prevede una regola speciale: se ti dimetti dal lavoro entro un anno dalla nascita di tuo figlio, hai diritto a ricevere la Naspi, l’indennità di disoccupazione.

Questa è un’eccezione alla regola generale, che di solito non permette a chi si dimette volontariamente di richiedere la Naspi. Grazie a questa deroga, puoi accedere all’indennità di disoccupazione se fai richiesta entro un anno dalla nascita del tuo bambino.

 

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