La legge prevede un periodo di tempo in cui è vietato licenziare la lavoratrice madre. Quali sono le conseguenze e le possibili eccezioni
La legge prevede che per un periodo di tempo ben definito sia vietato licenziare la lavoratrice madre. All’interno di questo lasso di tempo, infatti, il licenziamento è considerato illegittimo.
Fuori da questo periodo, è sempre nullo il licenziamento in ragione della gravidanza o della maternità. Le conseguenze? Reintegra sul posto di lavoro e pagamento di stipendi (e contributi) dal licenziamento al ritorno in azienda.
Ci sono comunque delle eccezioni: ad esempio, è sempre ammesso il licenziamento per giusta causa o per chiusura dell’attività aziendale.
No. Il decreto legislativo 151/2001, ossia il “Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità” prevede una specifica tutela a favore delle lavoratrici madri: secondo l’articolo 54 le lavoratrici non possono essere licenziate dall’inizio del periodo di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino”.
Il divieto si applica anche ad altre ipotesi:
Si tratta di un divieto assoluto e che, come previsto dalla norma, “opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza”.
Che cosa significa? Che il divieto è valido anche se il datore di lavoro non sapeva dello stato di gravidanza della lavoratrice licenziata.
In questo caso, alla dipendente è sufficiente “presentare al datore di lavoro idonea certificazione dalla quale risulti l’esistenza, all’epoca del licenziamento, delle condizioni che lo vietavano”.
Pertanto, il divieto colpisce anche quei licenziamenti disposti da aziende che, magari in buona fede, non sapevano che la lavoratrice fosse incinta.
Abbiamo visto che il licenziamento nel periodo dall’inizio della gravidanza fino al compimento del primo anno di età del neonato è nullo per legge. Cosa succede se avviene dopo la scadenza di questo periodo?
In questo secondo caso è comunque nullo, ma sarà la lavoratrice a dover dimostrare che le motivazioni del licenziamento sono legate al fatto di essere diventata da poco madre.
In altri termini, il licenziamento nel periodo tutelato è automaticamente nullo e alla dipendente è sufficiente dimostrare di essere incinta per essere reintegrata; nella seconda ipotesi, invece, deve dimostrare, attraverso documenti o testimoni, che le ragioni dell’azienda sono collegate alla gravidanza o nascita.
Nel caso in cui la lavoratrice madre venga licenziata nel cosiddetto “periodo protetto”, alla donna è garantita la tutela più forte prevista dal nostro ordinamento: reintegra nel posto di lavoro e pagamento di tutte le retribuzioni dalla data del licenziamento fino al rientro in azienda.
Se la dipendente non vuole rientrare in azienda, può chiedere l’indennità sostitutiva della reintegra, oltre a tutti gli stipendi maturati nel frattempo.
La disciplina e le tutele in caso di licenziamento della lavoratrice madre si applicano a tutte le aziende, a prescindere dalle dimensioni: la tutela reintegratoria piena, dunque, si applica anche, ad esempio, per una ditta con una sola lavoratrice.
La legge consente il licenziamento delle lavoratrici in gravidanza o da poco madri in alcune specifiche ipotesi:
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