Il lavoratore ha diritto a una pausa quando l’orario supera le sei ore al giorno, ma non può scegliere quando farla
Quando vieni assunto da un’azienda, devi rispettare una serie di norme. Una volta firmato il contratto di assunzione, infatti, non ti impegni solo a eseguire il lavoro e le mansioni concordate, ma anche ad accettare le regole aziendali e, ancora più importante, le leggi e quanto indicato nel CCNL.
Questo vale anche in materia di orario di lavoro e quindi tutto quello che riguarda le pause, i riposi giornalieri e settimanali e alla maturazione e calcolo delle ferie.
Come vedremo in questo articolo, per rispondere alle domande sulle pause durante l’orario di lavoro dobbiamo fare riferimento a più fonti contemporaneamente: la legge, i CCNL, le Circolari del Ministero del lavoro e i regolamenti aziendali interni.
Capiamo insieme quante pause si possono fare durante l’orario di lavoro e se queste sono pagate. Iniziamo!
Anche se esistono tante fonti sul tema, la prima a cui dobbiamo fare riferimento è l’articolo 8 del decreto legislativo n.66/2003 che dice “qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore, il lavoratore deve beneficiare di un intervallo, anche per l’eventuale consumazione del pasto, le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro”. Lo scopo è semplice: fare recuperare le energie psico-fisiche e spezzare il lavoro noioso e ripetitivo.
Ma cosa succede se il CCNL non dice nulla? La pausa, sempre in base allo stesso articolo, deve avere una durata minima di almeno 10 minuti e può essere fatta anche sul posto di lavoro. Attenzione: il dipendente non può scegliere volontariamente quando farla, ma è il datore di lavoro a regolare questo aspetto.
In genere, il datore di lavoro consegna al lavoratore, in fase di assunzione o dopo, una copia del regolamento aziendale interno in cui possono essere indicate le modalità e la durata concessa per le pause.
Facciamo un esempio: nel regolamento potrebbe esserci scritto “ogni giorno è concessa una pausa caffè che non può durare più di 5 minuti nella fascia oraria dalle 10:00 alle 10:30”.
Ricordiamo che il documento di cui parliamo, soprattutto se contiene anche le norme e le sanzioni disciplinari, deve essere accessibile ai lavoratori e facilmente leggibile per poterlo consultare in ogni momento necessario.
Quanto visto fino a ora non vale per tutte le tipologie di lavoratori.
Ci sono, infatti, alcune categorie che hanno una disciplina delle pause diversa.
Ma di chi parliamo? Dei lavoratori videoterminalisti, ad esempio, cioè quelli che per lavoro usano prevalentemente gli schermi, oppure colf e badanti conviventi, che fanno un lavoro molto faticoso.
Nello specifico:
Come abbiamo già chiarito, la scelta del momento in cui fare la pausa è rimessa al datore di lavoro, che la può inserire, in base alle esigenze dell’attività lavorativa, in qualsiasi momento della giornata di lavoro.
La conseguenza? Se l’orario di lavoro è spezzato, per esempio 9:00/13:00 – 14:00/18:00, la pausa può coincidere con il momento di sospensione dell’attività lavorativa, cioè dalle 13:01 alle 13:59.
No, perché è un vero e proprio diritto del lavoratore dipendente, e non può in nessun modo essere ridotta o sostituita da denaro.
Questo lo conferma proprio il Ministero del lavoro, che non ammette di saltare la pausa nemmeno per fare delle ore di straordinario.
In genere no, perché non è considerata orario di lavoro.
Ancora una volta, però, è sempre bene sapere qual è il CCNL applicato in azienda e vedere cosa disciplina sul tema, perché potrebbe contenere delle disposizioni diverse rispetto a quelle di legge.
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