Stipendio, carriera, relazioni professionali, tempo e desiderio di cambiare sono le principali ragioni che spingono alle dimissioni volontarie
Il numero degli under 40 che ha deciso di dimettersi è aumentato del 26%, nel periodo post pandemia. Ma il fenomeno della great resignation è trasversale per tutte le fasce d’età ed è segno di una tendenza alla ricerca di un maggior equilibrio tra vita privata e lavoro. Un cambiamento che potrebbe rimodellare anche il concetto di leadership.
Il fenomeno è stato chiamato «Big quit» o «Great resignation». In Italia come altrove questo fenomeno ha riguardato in maggior misura alcune categorie specifiche, quelle legate al digitale.
La pandemia ha accelerato una tendenza che era già in atto poiché ha dato il tempo di capire se il proprio lavoro, il posto in cui si lavorava e le prospettive di carriera erano ancora soddisfacenti. Questo momento di disconnessione ha creato ovunque un’attenzione forte a queste tematiche.
Secondo quanto emerso dalla ricerca Employer brand research di Randstad, a guidare le scelte dei lavoratori non sono più carriera e retribuzione (che ancora hanno un ruolo centrale), ma il work life balance, ossia la sostenibilità tra lavoro e vita privata.
Il sistema valoriale che ha guidato le scelte lavorative di Baby Boomers e Generazione X è entrato in crisi, ora c’è un nuovo paradigma che mette al primo posto la salvaguardia della qualità della vita dove l’aspetto economico, sebbene ancora centrale, è subordinato alla salute psico-fisica, allo star bene.
Il lavoratore ora richiede flessibilità, valorizzazione del singolo e ascolto. Le aziende un po’ più attente stanno lavorando per creare condizioni di lavoro più consone alle aspettative dei nuovi lavoratori. Per esempio, propongono un modello di organizzazione ad alta flessibilità e promuovono lo smart workingÈ una nuova modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, introdotta dalla l. 81/2017 e caratterizzata dall’assenza di precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro per il dipendente. More.
Inoltre, si sta ponendo sempre più attenzione alla cura del personale. Con il lavoro da remoto si presenta la difficoltà di come stare vicini alle persone ed è quindi necessario ripensare a modelli di leadership e welfare.
Le direzioni HR sono tornate a concentrarsi sull’employer branding, sull’attraction e sulla retention, ma il mercato del lavoro è diverso, è mutato con la pandemia.
Quasi il 39% delle aziende afferma che la propria capacità di attrarre candidati è diminuita. Le funzioni HR devono trovare gli strumenti per un ripensamento organizzativo; non c’è continuità con il passato, è una fase dinamica dove bisogna essere in grado di cambiare le valutazioni velocemente per rispondere alle mutate esigenze dei lavoratori.
Quali sono quindi i temi chiave per le direzioni aziendali di fronte a un fenomeno come questo?
La strada da seguire prevede più direttrici e una di queste è sicuramente la formazione continua per i propri dipendenti rispetto alle specifiche competenze di ogni persona.
L’attenzione al tema della sostenibilità e l’impegno concreto dell’azienda in chiave sociale sono diventati criteri di scelta altrettanto importanti, al pari della flessibilità e della stabilità economica.
Sono sempre più apprezzati, inoltre, fattori come i bonus legati agli obiettivi (aziendali e personali) o la trasparenza della comunicazione aziendale, mentre la capacità di applicare una leadership inclusiva, tesa a valorizzare le capacità e l’unicità dei collaboratori può fare la differenza.
Il benessere del dipendente non può che essere al primo posto nella lista delle priorità per le aziende. Coinvolgere e far sentire la persona parte integrante dell’azienda, offrendo le dovute opportunità di crescita professionale è l’imperativo determinante per attrarre e mantenere i talenti.
Oggi il mercato del lavoro è chiamato ad affrontare una serie di nuove sfide. Alcune potrebbero ridisegnare le dinamiche fondanti del rapporto tra domanda e offerta di lavoro. Mentre si cerca di capire cosa resterà dell’approccio pre-pandemico e cosa invece è cambiato per sempre, i dati parlano di un mercato del lavoro che oggi più che mai deve investire e reinventarsi se vuole trattenere e valorizzare il suo capitale umano e non perdere la sua spinta verso il futuro.
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