Decreto Trasparenza: l’azienda non può vietare doppio lavoro

Decreto Trasparenza: l'azienda non può vietare il doppio lavoro
(foto Shutterstock)

Il Decreto Trasparenza conferma e chiarisce le regole nel caso in cui si abbiano due lavori contemporaneamente

Il 29 luglio è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Trasparenza, un provvedimento che recepisce la Direttiva UE 1152/2019 sulle «condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea» ed è un importante passo avanti per i diritti dei lavoratori.  

Il decreto, infatti, introduce precisi obblighi di comunicazione a carico dei datori di lavoro, che dovranno informare i dipendenti sugli elementi principali del rapporto di lavoro. 

Tra le diverse indicazioni presentate dal Decreto, c’è spazio anche per alcuni chiarimenti in merito al doppio lavoro: vediamo quali sono.

È possibile svolgere due lavori parallelamente?

; nel nostro ordinamento non esiste una regola sul numero massimo di lavori che possono essere svolti contemporaneamente.

Il lavoratore può quindi avere diversi datori, a patto che vengano sempre rispettate alcune importanti disposizioni:

  • riposo settimanale: sono obbligatorie 24 ore consecutive di riposo dal lavoro;
  • riposo giornaliero: ogni giorno, il riposo lavorativo deve essere di 11 ore;
  • articolazione oraria: gli orari dei diversi lavori non devono mai sovrapporsi.

Infine, il lavoratore deve informare i datori in merito alle diverse prestazioni lavorative cui si dedica.

Che cosa chiarisce il Decreto Trasparenza 2022?

Il recente Decreto Trasparenza conferma e chiarisce alcune regole relative al doppio lavoro: il datore non può vietare lo svolgimento di un’altra attività lavorativa al di fuori dell’orario di lavoro concordato con il lavoratore.

Qualora il lavoratore abbia un ulteriore lavoro rispetto al principale, il datore non può per questo motivo riservargli un trattamento meno favorevole.

Le uniche eccezioni a tale regola sono concesse quando il doppio lavoro comporta:

  • pericolo per la salute e la sicurezza del lavoratore;
  • conflitto di interessi tra l’attività svolta in modo principale e quella secondaria. Si ha conflitto di interessi quando l’interesse secondario della persona che agisce è contrario all’interesse primario dell’azienda e quindi del datore di lavoro.  

Da quando entrano in vigore le nuove disposizioni? 

Il Decreto è in vigore dal 13 agosto 2022. Le novità riguarderanno tutti i nuovi rapporti di lavoro costituiti a partire da tale data.

Per i contratti di lavoro precostituiti, il decreto specifica che le disposizioni si applicheranno a tutti i rapporti di lavoro già instaurati alla data del 1° agosto 2022. In questo caso, su richiesta scritta del lavoratore già assunto, il datore è tenuto a fornire, aggiornare o integrare, le informazioni indicate nel Decreto Trasparenza.

Cosa deve fare il lavoratore?

Ai sensi del Codice civile, il soggetto è tenuto all’obbligo di fedeltà per cui non deve trattare affari in concorrenza con il suo datore di lavoro, né diffondere notizie sensibili o protette relative all’organizzazione del datore.

In ogni caso, quando il lavoratore ha in essere rapporti di lavoro con molteplici datori deve:

  • informarli dei redditi da lavoro prodotti presso datori diversi;
  • presentare eventualmente la Certificazione Unica (CU) o il Modello 730;
  • informarli sulla composizione del proprio nucleo familiare: figli e/o coniuge a carico;
  • informarli sulla spettanza o meno di trattamenti integrativi o detrazioni fiscali varie.

A chi si applicano queste nuove regole?

Il Decreto Trasparenza interessa tutte le aziende e tutti i lavoratori citati nel decreto.

Le aziende dovranno applicarlo senza distinzioni, qualunque sia il loro fatturato o il numero di dipendenti.

Anche i lavoratori sono tutti coinvolti, a prescindere dall’anzianità lavorativa e dall’orario di lavoro svolto. Rientrano in questa categoria anche i lavoratori con collaborazioni continuative e con rapporto di prestazione occasionale (Prest.O).

Chi è escluso dal decreto?

Ci sono dei rapporti di lavoro che non rientrano, ovvero:

  • i rapporti di lavoro con durata media inferiore alle 3 ore settimanali in un periodo di 4 settimane consecutive;
  • i contratti di agenzia;
  • i rapporti di lavoro autonomi con P.IVA.

 

 

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