Le dimissioni volontarie sono necessarie per porre fine al rapporto di lavoro ed esistono delle regole per farlo
Nel quotidiano molte persone confondono il concetto di «licenziamento» con quello di «dimissione».
Si tratta però di due eventi molto diversi tra loro, in primis perché nelle dimissioniL’atto unilaterale con cui il lavoratore comunica di voler interrompere il rapporto lavorativo con il datore di lavoro. More è il datore a subire la fine del rapporto di lavoro. Nelle ipotesi di licenziamento, invece, il lavoratore si trova in una situazione di disoccupazione involontaria per la quale ha diritto a un aiuto dello Stato (NASpILa “Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego” (NASpI) è un’indennità mensile di disoccupazione, istituita in relazione agli eventi di disoccupazione involontaria che si sono verificati dal 1° maggio 2015. More).
In che modo, dunque, dimettersi senza compiere errori? Esistono dei vincoli per il lavoratore? Scopriamolo insieme.
Quando il lavoratore decide volontariamente di porre fine al rapporto di lavoro, non deve rispettare tanti obblighi quanti quelli previsti nei casi di licenziamento.
In sostanza, il recesso del lavoratore è libero salvo il rispetto di una regola molto importante, ovvero quella del preavviso. Si tratta di un arco temporale, previsto dai CCNL, che intercorre tra la data di comunicazione e quella di effettiva conclusione del rapporto.
Lo scopo del preavviso è quello di non penalizzare eccessivamente il datore di lavoro, consentendogli il tempo necessario per cercare una nuova risorsa che vada a sostituire la persona che ha deciso di porre fine al rapporto.
Quella vista è però la regola generale. Ci sono invece dei casi in cui il recesso non è libero, come ad esempio:
Il lavoratore deve recarsi sul sito del Ministero del Lavoro e compilare telematicamente un apposito Modulo all’interno del quale deve obbligatoriamente indicare:
Per effettuarla, è necessario essere in possesso dello SPID o della CIE.
Attenzione: è molto importante prestare attenzione alle date riportate nel modulo. Molto spesso si fa confusione tra la data di presentazione e la data di effettiva decorrenza delle stesse dovendo così procedere alla rettifica delle stesse.
Ad ogni modo, se il lavoratore si accorge di aver compilato il modulo in modo errato, entro 7 giorni dalla data di trasmissione potrà revocare la scelta presentata e provvedere alle correzioni.
Dipende dal «tipo» di dimissioni che il lavoratore presenta. Di regola, infatti, essendo presentate secondo una precisa procedura telematica, il datore di lavoro non ha mezzi a disposizione per opporsi.
Qualora, invece, siano presentate per giusta causa, ovvero per un motivo che non consente la prosecuzione anche temporanea del rapporto di lavoro, il datore potrebbe contestare non tanto la scelta in sé quanto la giusta causa.
La conseguenza maggiore è la possibilità che le dimissioni presentate per giusta causa vengano trasformate in volontarie. In questo caso il lavoratore perde il diritto alla NASpI, che è prevista solo per le ipotesi di giusta causa o se la persona che si dimette è una lavoratrice madre in periodo protetto.
Le parti possono decidere di porre fine al rapporto di lavoro di comune accordo attraverso lo strumento delle risoluzioni consensuali.
Nella pratica, datore e lavoratore stipulano un accordo scritto attraverso il quale:
Anche in questo caso, è obbligatoria la trasmissione telematica dell’accordo sottoscritto.
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