Decreto Trasparenza: nuovi limiti per il patto di prova

Decreto Trasparenza: nuovi limiti per il patto di prova
(foto Shutterstock)

Con il decreto, sono state introdotte alcune previsioni per limitare un uso abusivo del periodo di prova

Con il decreto legislativo 104/2022 – chiamato «Decreto Trasparenza» – non sono stati previsti solo nuovi obblighi informativi, ma anche importanti novità per chi comincia un nuovo rapporto di lavoro. Innanzitutto, il limite massimo del periodo di prova è stato fissato a 6 mesi ed è stato messo uno stop agli abusi. Infatti, in caso di contratti a termine, il periodo di prova deve essere proporzionale alla durata del rapporto.

Che cos’è il patto di prova?

Tecnicamente si chiama «patto di prova», anche se è comunemente chiamato «periodo di prova» o più semplicemente «prova».  

È il periodo iniziale del rapporto lavorativo, in cui il datore di lavoro «testa» le capacità e le attitudini del neoassunto, al fine della stabilizzazione dell’assunzione. È un periodo che vale anche per il dipendente, in quanto può valutare se il posto di lavoro è per lui conveniente o meno.

Attenzione a un aspetto fondamentale: non è obbligatorio e non è previsto per legge. È un elemento accessorio del rapporto lavorativo, ossia è una facoltà delle parti prevederlo nella lettera di assunzione. Se non è stato pattuito per iscritto nel contratto di lavoro (o nella lettera di assunzione), il patto di prova non è valido. 

Come funziona?

La caratteristica principale è consentire all’azienda e al lavoratore di poter recedere liberamente dal rapporto durante questo periodo o alla scadenza. 

Significa che il datore di lavoro può comunicare al dipendente il mancato superamento del periodo e interrompere così il rapporto, senza ulteriori giustificazioni; dall’altra parte anche il dipendente può recedere dal rapporto, senza dover dare alcun preavviso.

 Affinché sia valido, anche ai fini del recesso del datore di lavoro, il dipendente deve essere effettivamente «provato» nelle mansioni per cui è stato assunto.

Stop agli abusi

Il Decreto Trasparenza ha introdotto importanti novità nella disciplina del periodo di prova. Il provvedimento legislativo interviene in uno degli aspetti più problematici, ossia la sua durata.

Questo è uno degli aspetti in cui più frequentemente si verificano degli abusi, soprattutto da parte di datori di lavoro che pattuiscono un periodo molto lungo oppure, nei rapporti a tempo determinato, di durata pari (o quasi) a quella del contratto. Dal 13 agosto 2022 i lavoratori sono protetti da un uso abusivo e distorto.

Quanto può durare?

Il Decreto Trasparenza ha introdotto un limite di legge: la durata massima è di 6 mesi, salvo che i contratti collettivi non prevedano una durata inferiore. 

Dunque, per capire la durata di questo periodo, è necessario guardare che cosa prevede il contratto collettivo applicato dall’azienda e richiamato nella lettera di assunzione. In ogni caso, per espressa previsione normativa, la durata non può superare i 6 mesi.

Come funziona nei contratti a termine?

Per quanto riguarda i contratti a termine, la norma prevede che «il periodo di prova è stabilito in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego».

In concreto, significa che, se un rapporto ha una durata di 6 mesi, il periodo di prova deve essere proporzionato a tale durata e, nel nostro caso, non potrebbe durare 4 mesi, ma dovrebbe essere limitato a qualche settimana. 

Sempre per quanto  riguarda i contratti a termine, il Decreto Trasparenza ha previsto un ulteriore argine alle ipotesi di abuso da parte dei datori di lavoro: in caso di rinnovo di un contratto di lavoro per lo svolgimento delle stesse mansioni, non è possibile ripeterlo.

Che cosa succede in caso di malattia o maternità

Infine, il decreto legislativo 104/2022 fa chiarezza sulle ipotesi di malattia e maternità durante questo periodo. Si tratta di casi in cui dottrina e giurisprudenza avevano proposto soluzioni diverse e che non tutti i contratti collettivi disciplinavano in modo puntuale.

Il decreto ha fatto chiarezza e ha previsto che «in caso di sopravvenienza di eventi, quali malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatori, il periodo di prova è prolungato in misura corrispondente alla durata dell’assenza».

 

 

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