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Licenziamento

Un'azienda può decidere il licenziamento di un lavoratore a causa di diversi motivi, come ad esempio particolari inadempienze, comportamenti non consoni, ragioni disciplinari. 

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Il lavoratore licenziato ha sempre diritto all'indennità di disoccupazione, anche se il licenziamento è avvenuto per giusta causa. La NASpI è infatti prevista in tutti i casi di perdita involontaria del posto di lavoro. 

Inoltre, il lavoratore ha il diritto di impugnare il provvedimento e se il licenziamento viene giudicato illegittimo allora avrà diritto alle tutele previste dalle speciali normative: reintegra e/o indennità risarcitorie. 

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Licenziamento: significato e definizione 

Da definizione, il licenziamento avviene quando il datore di lavoro recede in maniera unilaterale dal contratto di lavoro con un proprio dipendente, il quale cessa in questo modo il rapporto con l'azienda. Il termine licenziamento viene utilizzato in modo improprio anche quando è il lavoratore a decidere di abbandonare l’azienda. In questo caso però, il termine corretto da utilizzare è “dimissioni”.

Presta la massima attenzione a non confondere anche una lettera di contestazione disciplinare con quella di licenziamento. Come cita l'articolo 7 dello Statuto dei lavoratori, valido in qualsiasi settore in Italia, "il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa". 

Nel nostro ordinamento non esiste il cosiddetto licenziamento in tronco. Nessun lavoratore può essere licenziato senza che prima sia stato avviato un procedimento disciplinare e l'azienda deve sempre formalizzare per iscritto la contestazione. Questa comunicazione deve essere specifica, ovvero deve descrivere in maniera dettagliata l'episodio contestato e circoscriverlo in un preciso arco temporale. Il lavoratore ha diritto a difendersi, personalmente o per mezzo di un proprio rappresentante sindacale.

Licenziamento: procedura di impugnazione

Se ti viene comunicato il licenziamento, potrai rivolgerti al sindacato o a un professionista, valutando anche la possibilità di impugnare il provvedimento a livello legale. 

  • Impugnazione stragiudiziale, da effettuare entro i 60 giorni dalla comunicazione del licenziamento. Il lavoratore manifesta la propria volontà di impugnare il licenziamento, senza dover indicare le ragioni.
  • Entro 180 giorni dall'impugnazione precedente si deve depositare il ricorso giudiziale in Tribunale o si presenta istanza di conciliazione davanti all'Ispettorato del Lavoro nel caso in cui l'azienda non accolga la prima impugnazione.

Ricorrendo in Tribunale il lavoratore contesterà la fondatezza. La difesa si poggia solitamente su quattro aspetti: infondatezza dei fatti contestati; vizi della procedura disciplinare; natura ritorsiva del provvedimento; applicazione di una sanzione troppo severa rispetto a quanto previsto dal contratto o dalla legge. 

Quando un licenziamento viene giudicato illegittimo, il lavoratore ha diritto a essere reintegrato, ovvero a riprendere servizio nella stessa azienda e nella medesima posizione che occupava prima che l'impresa decidesse di chiudere il rapporto. Nel caso in cui il dipendente non voglia essere reintegrato, allora ha diritto alla cosiddetta indennità sostitutiva, pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento, a cui si aggiunge un'indennità risarcitoria. L'azienda non può opporsi alla reintegra ed è tenuta a corrispondere le retribuzioni previste a favore del lavoratore.