Orario di lavoro giornaliero: diventa obbligatorio istituire un sistema di misurazione

(foto Shutterstock)

Il sistema deve essere oggettivo, affidabile ed accessibile

DURATA DELL’ORARIO DI LAVORO: LE TUTELE PER IL LAVORATORE

Innanzitutto è utile ricordare che la legge italiana definisce orario di lavoro qualsiasi periodo in cui il lavoratore è al lavoro, a disposizione del suo datore di lavoro e nell’esercizio delle sue attività o funzioni (art. 1, d.lgs. 66/2003).

Inoltre, vengono fissate alcune regole per limitare la durata massima dell’orario di lavoro e garantire al lavoratore adeguati periodi di riposo giornaliero e settimanale.
Ad esempio, è previsto che l’orario normale di lavoro sia generalmente di 40 ore settimanali e che il lavoro straordinario (cioè l’attività svolta oltre l’orario normale di lavoro) non possa superare le 250 ore annuali.
È stabilito anche il limite massimo di ore lavorative settimanali che, straordinari compresi, non può superare la media delle 48 ore settimanali, calcolata su un periodo di riferimento di 4 mesi.
Infine, al lavoratore devono essere garantiti periodi di riposo giornaliero (almeno 11 ore di riposo ogni 24 ore) e settimanale (almeno 24 ore consecutive di riposo ogni 7 giorni).

LA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA

Il diritto di ciascun lavoratore ad una limitazione della durata massima dell’orario di lavoro e a periodi di riposo giornaliero e settimanale è una norma fondamentale anche per il diritto dell’Unione Europea.
L’Italia, quale Stato membro dell’UE, deve interpretare ed applicare il diritto interno conformemente al diritto europeo e deve rispettare le sentenze pronunciate dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Ebbene, la Corte di Giustizia ha stabilito che, per assicurare l’effettività dei diritti in materia di orario di lavoro, gli Stati membri devono imporre ai datori di lavoro l’obbligo di predisporre un sistema di misurazione della durata dell’orario di lavoro giornaliero di ciascun lavoratore.
Tale sistema, si aggiunge, deve essere oggettivo, affidabile e accessibile.
La sentenza conclude lasciando liberi gli Stati membri di individuare le concrete modalità di attuazione dell’obbligo imposto, tenendo conto delle caratteristiche proprie dei diversi settori di attività (Sentenza del 14 maggio 2019).

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