Tutte le principali tipologie di contratti di lavoro e le loro caratteristiche
Con l’espressione “contratto di lavoro” si possono intendere due diversi significati:
Se il tuo datore di lavoro ha deciso di assumerti con un contratto di lavoro di tipo subordinato, ha l’obbligo di comunicarlo al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, tramite il sistema informativo per l’invio delle Comunicazioni Obbligatorie, senza rivolgersi all’INPS o ad altri enti pubblici. Infatti, sarà poi il ministero a comunicare all’INPS, INAIL e Prefettura l’effettivo inizio del rapporto di lavoro.
Tuttavia, è necessario comunicare l’inizio di un nuovo rapporto di lavoro direttamente all’INPS se si tratta di:
Il contratto di lavoro depositato prima presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e successivamente condiviso con l’INPS e l’INAIL ti garantisce l’accesso a benefici come l’assicurazione contro infortuni sul lavoro, i giorni di malattia retribuiti, l’indennità di maternità e molto altro ancora, oltre ovviamente anche ai versamenti pensionistici. Inoltre, permette all’INPS di monitorare la correttezza dei contributi versati.
La stesura di un contratto di lavoro dipende innanzitutto dal tipo di rapporto di lavoro che intraprendi. Tipicamente si inizia individuando le due parti (per esempio dipendente e datore di lavoro) e a seguire c’è una descrizione dettagliata del ruolo lavorativo, comprese le responsabilità e le attività che il dipendente si impegna a svolgere.
In qualità di dipendente, molto spesso la parte più importante è certamente quella dedicata alla retribuzione, dove viene specificato l’ammontare dello stipendio, le mensilità ed eventuali bonus o benefit.
Un’altra sezione fondamentale riguarda l’orario di lavoro, dove si definiscono gli orari standard e le possibili eccezioni. Non meno rilevanti sono le clausole sul periodo di prova, sulla durata del contratto (a tempo determinato o indeterminato), sulle modalità di rinnovo o cessazione e sui diritti e doveri relativi a ferie, permessi e assenze.
Il contratto include inoltre riferimenti al CCNL (Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro), a seconda del proprio settore di riferimento e in generale alle norme di legge applicabili. Infine, dopo un’attenta lettura, le parti appongono la firma in calce al documento, che diventa così vincolante e garante dei diritti e degli obblighi reciproci. Esempi specifici possono variare a seconda del settore di impiego e della legislazione locale, ma la struttura di base tende a rimanere la stessa.
Ma quante sono le tipologie di contratti di lavoro in Italia? È una materia su cui spesso viene fatta confusione ed è quindi opportuno fare un po’ di ordine e chiarezza. Innanzitutto partiamo da una punto fermo: in Italia il contratto di lavoro ordinario è quello a tempo indeterminato. Significa che se non firmi un contratto con il datore di lavoro per iscritto oppure non accordate alcuna eccezione, il rapporto di lavoro è considerato dalla legge come a tempo indeterminato e a tempo pieno.
Il tempo indeterminato è la regola, mentre il termine, il part time e – ad esempio – l’apprendistato sono le eccezioni.
Diverso è il discorso relativo alla disciplina di ciascun rapporto di lavoro. In questo caso, entrano in gioco i contratti collettivi, ossia la disciplina che le parti sociali (sindacati e rappresentanze dei datori di lavoro) hanno concordato per ciascuna categoria e settore economico. Secondo le ultime statistiche (luglio 2023), oggi risultano depositati al CNEL quasi mille contratti collettivi.
Come visto, la regola è il contratto di lavoro a tempo indeterminato. Il contratto di lavoro a tempo determinato (o a termine) è l’eccezione. Significa dunque che tu e il datore di lavoro dovete espressamente prevedere un termine al rapporto di lavoro o, in mancanza, esso si considera a tempo indeterminato.
La legge consente di stipulare contratti a termine solo in pochi casi. La regola è la seguente:
Si possono definire part time tutti i rapporti di lavoro in cui è prevista una durata della prestazione lavorativa settimanale inferiore rispetto a quanto previsto dalla contrattazione collettiva. Solitamente, l’orario settimanale ordinario è di 38, 39 o 40 ore. Se la prestazione lavorativa è pattuita in misura ridotta, si tratta di un rapporto di lavoro part time oppure “a tempo parziale”.
Questa particolare forma di rapporto di lavoro è disciplinata dal decreto legislativo 81 del 2015 e dai singoli contratti collettivi applicati.
Esistono due forme di part time:
È una modalità lavorativa molto frequente e riguarda mezzo milioni di lavoratori italiani. In questo caso, saresti assunto da una società di somministrazione (in gergo chiamate “ agenzie interinali”) e andresti a lavorare presso un’altra società, definita “azienda utilizzatrice”.
È una delle forme di lavoro più frequenti con cui ci si affaccia al mondo del lavoro. In realtà, si tratta di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, caratterizzato da un iniziale periodo formativo. Al termine del periodo formativo sia tu che l’azienda avete la possibilità di recedere liberamente senza alcuna motivazione. Nel nostro sistema esistono tre forme di lavoro in apprendistato.
Tecnicamente è definito “lavoro intermittente” o “job on call”: è un rapporto di lavoro a termine o a tempo indeterminato con una precisa caratteristica: devi andare al lavoro solo quando sei “chiamato” dall’azienda. La particolarità sta dunque nel fatto che i giorni lavorativi non sono predeterminati, ma è l’azienda a chiamare il dipendente nei giorni in cui ha necessità, fatto salvo il dovuto preavviso e l’eventuale indennità di disponibilità.
È il lavoro tramite “voucher”, una particolare forma di lavoro, che consente una gestione più flessibile del rapporto, dal punto di vista burocratico e fiscale. È tuttavia soggetto a dei precisi limiti, sia nei tuoi confronti sia nei riguardi dell’azienda che ti assume. Puoi infatti lavorare con i voucher per un massimo di 5.000 euro di compensi annui.
Sì, è consentito avere due rapporti di lavoro. Tuttavia, devi rispettare il limite massimo delle ore lavorative settimanali, ossia 48 ore nell’arco di sette giorni lavorativi. Attenzione, poi, ad un altro aspetto: la seconda occupazione non deve essere in concorrenza con quella del primo datore di lavoro. Sei tenuto a rispettare l’obbligo di fedeltà, ossia a non arrecare danno all’azienda e a non prestare attività concorrente con quella del proprio datore di lavoro.
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