Il welfare aziendale contribuisce a migliorare il benessere psico-fisico dei lavoratori
Il welfare aziendale è l’insieme di beni e servizi che un’azienda offre ai propri dipendenti, oltre alla retribuzione ordinaria, con l’obiettivo di migliorare il benessere psico-fisico e il bilanciamento tra vita privata e lavoro.
Si tratta di benefit che, oltre a incidere positivamente sulla qualità della vita del lavoratore, comportano anche un vantaggio fiscale: grazie alla normativa, in particolare l’art. 51 del TUIR, questi strumenti possono essere considerati non imponibili ai fini di contributi e imposte.
Un’azienda può offrire fringe benefit, destinati a singoli lavoratori, oppure flexible benefit, pensati per più categorie di dipendenti o per l’intero organico. Vediamo quindi quali possono essere i benefit e come sfruttarli al meglio.
Il welfare aziendale è l’insieme di beni e servizi messi a disposizione dall’azienda verso tutti o parte dei dipendenti. Infatti, possono essere destinatarie di forme di welfare aziendale anche solo alcune categorie di lavoratori, individuate con criteri oggettivi, come l’anzianità di servizio o il livello di appartenenza.
Nei prossimi paragrafi approfondiremo meglio cos’è il welfare aziendale, le regole a cui è sottoposto in azienda e i limiti previsti. Anticipiamo che, dal punto di vista fiscale, è disciplinato direttamente dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR).
La Legge di Bilancio del 2025 ha introdotto alcune novità, in particolare sull’importo massimo dei fringe benefit. Vediamo quindi con ordine gli aspetti fondamentali di questo strumento.
Quando si parla di come funziona il welfare aziendale spesso ci si riferisce all’erogazione di fringe benefit e flexible benefit, che hanno simili caratteristiche, ma non sono sinonimi:
Dal punto di vista fiscale, il welfare aziendale come funziona? Generalmente, ogni erogazione liberale (ossia una donazione volontaria e spontanea di denaro) da parte del datore di lavoro entra a far parte del reddito da lavoro dipendente di chi ne fruisce, andando a concorrere quindi alla relativa tassazione prevista dallo Stato.
Oltre le tasse, vengono poi applicati anche i contributi sulla somma data, andando quindi a ridurre ulteriormente quanto percepito dal dipendente.
Utilizzando lo strumento del welfare aziendale è possibile azzerare questo “cuneo fiscale”. Infatti, il valore dei beni e servizi che il lavoratore riceve in questo modo è netto.
Ad esempio, se l’azienda dà 1.000 € a persona, il dipendente avrà a disposizione 1.000 € netti per usufruire di beni e servizi.
Il welfare aziendale è tuttavia uno strumento utile anche per i datori di lavoro. Oltre al miglioramento della reputazione aziendale, nella maggior parte dei casi questi beni e servizi sono completamente esentasse, portando quindi benefici ai propri dipendenti senza però “gravare” drasticamente sul bilancio aziendale.
Il settore della metalmeccanica è stato il primo a prevedere obbligatoriamente delle misure di welfare aziendale per tutti i lavoratori dipendenti.
Ancora oggi, infatti, il CCNL di settore viene preso come riferimento per lo studio e la formulazione di nuove proposte a sostegno di chi lavora e delle loro famiglie.
Le associazioni sindacali di categoria hanno firmato un accordo di rinnovo secondo cui i datori di lavoro che applicano il contratto dell’industria hanno l’obbligo di garantire, anche nel 2025, strumenti di welfare aziendale per un valore pari a 200 € all’anno, da usare per beni e servizi elencati dal contratto.
I principali riguardano: servizi educativi o ricreativi (come viaggi), assistenza ai familiari, cure medico-sanitarie e altri benefici simili.
È possibile utilizzare il welfare aziendale metalmeccanici 2025 entro il 31 maggio 2026.
Attenzione: per accedere sono richiesti specifici requisiti, tra cui avere un contratto a tempo indeterminato e aver terminato il periodo di prova oppure aver maturato almeno 3 mesi di lavoro nell’anno, se assunti con contratto a tempo determinato.
Conviene quindi informarti sempre sui requisiti, prima di presentare la richiesta al tuo datore di lavoro.
A differenza del settore metalmeccanico, non esiste un vero e proprio welfare aziendale commercio, ma in via trasversale si possono considerare forme di welfare anche quelle date dal Fondo di assistenza sanitaria integrativa (Fondo EST), la cui iscrizione è obbligatoria per tutte le aziende che applicano questo CCNL.
In realtà, anche qui sono previste alcune esclusioni, ma limitate a determinati inquadramenti.
Sono diversi i servizi e le prestazioni che il Fondo assicura agli iscritti.
Per esempio, tutti i lavoratori e le lavoratrici, a prescindere dall’età, possono accedere ai servizi di prevenzione di base, come l’esame delle urine, l’analisi del sangue (per monitorare colesterolo, glicemia e altri valori fondamentali).
L’azienda può offrire qualsiasi bene o servizio sotto forma di welfare aziendale, ma solitamente tende a inserire nel suo programma i benefit esentasse (totali o parziali), così da massimizzare il vantaggio sia per il datore di lavoro che per i dipendenti.
Un esempio classico di benefit aziendale sono i buoni pasto, mentre sono ricorrenti lo smartphone aziendale, l’auto aziendale o il PC aziendale.
Altri esempi di welfare aziendale possono essere: polizze assicurative, alloggi per dipendenti, prestiti personali oppure l’erogazione di stock option.
Tra i flexible benefit più diffusi troviamo invece: assistenza medico-sanitaria, buoni carburante, previdenza complementare e borse di studio per i figli.
Il welfare aziendale non è obbligatorio per tutte le imprese.
La normativa italiana prevede che, nella maggior parte dei casi, queste misure siano una scelta volontaria dell’azienda, che può decidere di introdurle per migliorare il benessere dei dipendenti e sfruttare le agevolazioni fiscali previste.
Queste forme di welfare vengono generalmente introdotte tramite regolamenti interni che ne disciplinano il funzionamento.
Come visto nei paragrafi precedenti, ci sono però situazioni in cui il welfare aziendale diventa obbligatorio: accade quando è previsto da contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, che stabiliscono specifici benefit garantiti ai lavoratori.
In questi casi, l’azienda è tenuta a rispettare le clausole contrattuali, trasformando quello che normalmente è un’opportunità in un vero e proprio obbligo normativo.
Il welfare aziendale non è accessibile a tutti i lavoratori. In generale, infatti, non spetta a collaboratori e partite IVA, che restano esclusi poiché non hanno un rapporto di lavoro subordinato con l’impresa.
Lo stesso vale per i soci, che non rientrano tra i destinatari di questi benefit.
Va ricordato inoltre che alcuni contratti collettivi nazionali (CCNL) possono limitare l’accesso al welfare: in certi casi risultano esclusi quadri e dirigenti, pur essendo a tutti gli effetti dipendenti.
La Legge di Bilancio del 2025 (nota ufficialmente come Legge n. 207 del 30 dicembre 2024) mantiene per il triennio 2025–2027 le soglie di esenzione fiscali già introdotte nel corso del 2024, che hanno parzialmente modificato l’importo massimo dei fringe benefit esentasse, portando le seguenti novità:
Per il solo 2025, i neoassunti che si trasferiscono a più di 100 km, possono godere di un limite di esenzione fino a 5.000 € annui per pagare le spese di affitto o le spese relative alla nuova abitazione. Questa soglia sarà valida per i primi due anni dopo l’assunzione a tempo indeterminato (assunzione entro il 31 dicembre 2025), ma solo se la precedente residenza fosse a più di 100 km dalla nuova, e abbiano redditi inferiori a 35.000 €.
Il tema del welfare aziendale importo massimo per dipendente è regolato dalle soglie di esenzione fiscale fissate dalla normativa.
Per il triennio 2025–2027, la Legge di Bilancio ha confermato i limiti già introdotti negli anni precedenti:
Entro queste soglie, i benefit non concorrono alla formazione del reddito e sono quindi esenti da imposte e contributi. Tuttavia, è importante non superare i limiti previsti.
Se l’azienda eroga importi superiori, l’intera somma diventa imponibile: si dovranno quindi pagare contributi (circa 9,19%) e IRPEF (dal 23% al 43% a seconda del reddito), perdendo i vantaggi fiscali previsti dalla legge.
Può capitare che tu ti trovi di fronte a un problema di welfare aziendale non erogato, anche quando questo è previsto da un contratto collettivo, da un accordo aziendale o da regolamenti interni.
Nel caso di un regolamento interno, devi capire se esista davvero un documento che impegna l’azienda a fornirti un determinato bene o servizio di welfare, oppure se si tratti semplicemente di fringe benefit concessi in modo discrezionale solo ad alcuni colleghi. Solo nel primo caso puoi pretendere chiarimenti dal tuo datore di lavoro o dall’ufficio HR.
Se invece si tratta di welfare previsto dal CCNL, l’azienda è obbligata a rispettare l’erogazione dei benefit, indipendentemente dalla sua volontà. In questa situazione, se non ricevi quanto ti spetta, puoi rivolgerti all’ufficio risorse umane, alle rappresentanze sindacali (RSU) o, come ultima possibilità, a un legale specializzato in diritto del lavoro.
Uno degli aspetti più importanti è la deducibilità del welfare aziendale. Dal punto di vista delle imprese, le somme destinate a beni e servizi di welfare sono in genere deducibili dal reddito d’impresa, a condizione che siano erogate liberamente alla generalità dei dipendenti o a gruppi di essi, e non derivino da obblighi del CCNL. Questo rappresenta quindi un vantaggio fiscale, oltre che uno strumento utile di gestione del personale.
Dal lato tuo, come lavoratore, i benefit ricevuti entro i limiti di legge non concorrono a formare reddito: significa che non incidono né sulle tasse né sui contributi. Proprio per questo ci si chiede spesso se il welfare aziendale va dichiarato nel 730. La risposta è sì: i benefit esenti possono comparire nel tuo 730, ma non vengono presi in considerazione per il calcolo del reddito o delle detrazioni. Diverso è il caso delle somme che superano i limiti di esenzione: queste diventano imponibili, vengono tassate come reddito da lavoro dipendente e compaiono automaticamente nella dichiarazione fiscale.
Il tema dei vantaggi del welfare aziendale riguarda sia te come lavoratore sia le imprese.
Dal tuo punto di vista, i benefit ti permettono di accedere a beni e servizi che migliorano la qualità della vita e il bilanciamento tra lavoro e vita privata: dalla sanità integrativa alla previdenza complementare, dai buoni pasto ai servizi per la famiglia e molto altro. Oltre a non essere tassati entro le soglie previste, questi strumenti ti offrono un concreto sostegno alle spese quotidiane e arricchiscono la tua remunerazione, anche se in senso non strettamente monetario.
Per le aziende, invece, il welfare aziendale porta un duplice ritorno: da un lato vantaggi fiscali e contributivi con la possibilità di dedurre i costi, dall’altro un clima aziendale più positivo, con maggiore motivazione, fidelizzazione del personale e riduzione del turnover. Negli ultimi anni il welfare aziendale è diventato una vera e propria leva strategica per la competitività e la reputazione.
Per te come dipendente, il welfare aziendale di solito non comporta alcuno svantaggio, perché i beni e i servizi messi a disposizione sono completamente a carico dell’azienda. Tuttavia, può capitare che i benefit offerti non siano in linea con i tuoi bisogni personali: in quel caso potresti percepire uno svantaggio, perché magari avresti preferito un aumento in busta paga o un altro tipo di premio aziendale.
Dal lato delle imprese, invece, svantaggi veri e propri non ci sono, ma bisogna considerare che il welfare rappresenta comunque un costo aziendale. Anche se esentasse, i benefit richiedono un investimento: per questo è fondamentale costruire un piano di welfare sostenibile, che non pesi troppo sul bilancio e allo stesso tempo risulti davvero utile e apprezzato dai lavoratori.
Anche se il loro utilizzo non è obbligatorio, negli ultimi anni le piattaforme di welfare aziendale sono diventate lo strumento più diffuso per gestire in modo semplice e flessibile i benefit destinati ai lavoratori.
Sono dei portali digitali, accessibili sia da computer che da smartphone, che ti permettono di avere in un unico spazio tutte le opzioni disponibili: buoni acquisto, assistenza sanitaria, previdenza complementare, trasporti, servizi per la famiglia e molto altro.
Tieni presente, però, che non tutte le piattaforme sono uguali. Per scegliere quella più adatta, un’azienda dovrebbe considerare alcuni criteri fondamentali: la varietà dei servizi offerti e la loro effettiva fruibilità, la facilità di utilizzo da parte dei dipendenti, la trasparenza dei costi e la possibilità di personalizzare i pacchetti in base alle diverse esigenze del personale.
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